Page 188 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             all’attacco. Il 24 maggio il suo reparto, insieme ad altre unità, sferra una violenta
             offensiva al nemico a quota 77 del settore di Monfalcone. Colpito alla gamba
             da una grossa scheggia di granata, rimane accanto ai suoi uomini, continuando
             a battersi fino allo stremo delle forze. Solo in serata acconsente a ricevere le
             necessarie cure mediche e viene ricoverato nell’ospedale da campo di Crauglio.
             Qui, l’indomani, nel corso di una cerimonia intima, familiare, il Duca d’Aosta
             lo decora sul campo con la Medaglia d’Argento al Valor Militare ma Bellipanni
             morì 18 giorni dopo in conseguenze delle ferite.
                Il 12 giugno, giorno dei funerali, anche Gabriele D’Annunzio accompagna il
             feretro. Il poeta soldato porta il suo ultimo saluto al compagno d’armi e lo fa a
             modo suo. E’ la voce del Vate quella che, nella cattedrale di Udine, declama l’ode
             composta in memoria dell’amico. L’allocuzione non è solo una celebrazione del
             militare, che l’autore aveva ammirato in più occasioni nel corso della 9ª battaglia
             dell’Isonzo mentre, pistola in pugno, affrontava il rischio della morte, ai margini
             delle doline del Veliki “fra le croci d’abete, fra le botti d’acqua, fra i mucchi
             di bombe, fra i sacchi nuovi, fra le barelle posate nel fango, mentre i portatori
             di lettighe e i portatori di dischi passavano in corsa attraverso i turbini di sassi
             scagliati dagli scoppii come da mille e mille frombole, incontro ai feriti leggeri
             che scendevano senza lamento e scavalcavano i morti sfavillando di gocciole
             rosse in quella striscia quieta di sole mattutino”. Nei versi del poeta pescarese,
             il dolore del lutto e la sofferenza per la perdita del soldato caduto per la Patria si
             trasformano, assumendo un significato completamene nuovo: “noi combattenti
             non deploriamo la morte ma esaltiamo la vita, non conduciamo un lutto ma ce-
             lebriamo un trionfo”.
                Nasce così il culto dell’eroe che, attraverso il “silenzio della morte” diviene
             guida di tutti i combattenti: “Anche nel volto consunto di questo giovane capi-
             tano il sorriso è rimasto; e c’illumina tuttavia a traverso il feretro, più potente di
             questo sole crudo su questa strada maestra scalpitata dai fanti e solcata dai carri.
             Noi sentiamo che il suo silenzio è tuttavia operoso, come quando in silenzio egli
             faceva ogni giorno offerta della sua vita alla disciplina della guerra, che non
             era per lui se non il primo comandamento della Patria: condizione essenziale di
             salute e di vittoria”. Il componimento, scritto per celebrare l’eroismo del singolo
             appartenente all’Arma, assurge a inno di tutta l’Arma: “Questa assidua dedizione
             di sé, nella semplicità più verace, nella più leale vigilanza, egli c’insegna, affer-
             mandola come regola severa dell’Arma in cui aveva l’onore di servire. E’ l’Arma
             della fedeltà immobile e dell’abnegazione silenziosa; l’Arma che nel folto della
             battaglia e di qua della battaglia, nella trincea e nella strada, nella città distrutta
             e nel camminamento sconvolto, nel rischio repentino e nel pericolo durevole,
             dà ogni giorno eguali prove di valore, tanto più gloriosa, quanto più avara le è
             gloria; l’Arma dei Carabinieri del Re incide oggi il nome del capitano Vittorio
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