Page 386 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             nelle note bibliografiche del libro scritto assieme a Mario Isnenghi  la Grande
             Guerra, ha giustamente scritto, riferendosi alle maggiori opere divulgative bri-
             tanniche: “Queste opere (come tutte le storie generali che conosciamo) hanno in
             comune una scarsa attenzione alle vicende italiane: si occupano essenzialmen-
             te del fronte occidentale, più sbrigativamente di quello orientale, poi dedicano
             brevi capitoli ai teatri cosiddetti minori, come quello italo-austriaco, i Balcani e
             l’Impero turco. … è una nuova dimostrazione di quello che possiamo chiamare
             ‘imperialismo culturale’ delle grandi potenze, non senza venature razziste (non
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             è necessario richiamare gli stereotipi dell’italiano poco portato alla guerra)” .
                A titolo di esempio, vale la pena citare il giudizio sbrigativo di Tim Cook,
             storico canadese autore di diversi volumi a carattere divulgativo sull’esercito
             canadese: “Ma le forze italiane [nella prima guerra mondiale] si dimostrarono
             assolutamente  inette,  quasi suicide,  e furono probabilmente  più un peso che
             un vantaggio per l’Intesa, nella misura in cui sperperarono uomini e materiale
             bellico che erano continuamente necessari per sostenere lo sforzo bellico italiano
             che veniva meno” (But  the  Italian  forces  proved  utterly  inept,  bordering  on
             suicidal, and were perhaps more of a burden than a benefit to the Entente, as
             they siphoned off men and supplies that were continually needed to bolster their
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             failing  war  effort) .  Altrettanto  emblematico  l’esempio  di  un altro  storico  di
             assoluto livello, Michael Neiberg, che nel suo libro sulla seconda battaglia della
             Marna (15 luglio – 6 agosto 1918), il canto del cigno dell’esercito tedesco prima
             della  grande offensiva dell’Intesa  dell’autunno  1918, menzionava  nel settore
             della  Quinta  Armata  francese  ‘due  divisioni  italiane  inaffidabili’  (unreliable
             italian  divisions), riferendosi evidentemente alle  divisioni  3a e 8a   facenti
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             parte del II CA del Generale Alberico Albricci .  Peccato però che il II CA si
             distinguesse egregiamente il 15 luglio nel difendere ad ogni costo le alture vicino
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             alla montagna di Bligny, nella cosiddetta Champagne pouilleuse , dal tentativo
             di sfondamento tedesco, tanto da meritarsi la menzione all’ordine del giorno del

             4  Mario Isnenghi e Giorgio Rochat, La Grande Guerra, 1914-1918 (Milano: La Nuova Italia,
                2000), p.534.
             5  Tim Cook, At the Sharp End Volume One: Canadians Fighting the Great War 1914-1916 (To-
                ronto: Viking Canada, 2007), p.113.
             6  Michael Neiberg, The Second Battle of the Marne (Bloomington: Indiana University Press,
                2008), p.111. Stranamente, a supporto della sua asserzione, il Neiberg cita un volume del-
                la storia ufficiale dell’esercito britannico, James Edmonds, Military Operations: France and
                Belgium, May–July: The German Diversion Offensives and the First Allied Counter-Offensive
                (London: Macmillan, 1939), che però a pagina 233 non parla affatto di truppe italiane sban-
                date, ma al contrario del fatto che il II CA contribuì a rintuzzare l’attacco tedesco nel quadro
                dello schieramento della Quinta Armata francese.
             7  La Champagne pouilleuse (letteralmente la Champagne pidocchiosa) era quella regione tra
                Troyes e Reims così chiamata perché brulla, a differenza dell’altra parte della regione, dove si
                coltivano le vigne di champagne.
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