Page 391 - Il 1917 l'anno della svolta - Atti 25-26 ottobre 2017
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             scrivere la storia), accusando gli italiani di non aver riconosciuto “l’assistenza
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             vitale” data loro dall’Italian Expeditionary Force . Edmonds metteva sott’accusa
             in  particolar  modo il  fatto  che  i  libri  italiani  minimizzassero il  contributo
             britannico alla battaglia di Vittorio Veneto, in particolar modo nella liberazione
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             di Sacile . La controversia sulla maggiore o minore importanza delle divisioni
             inglesi e francesi per la spinta finale sul fronte austriaco  denota probabilmente
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             anche un certo fastidio, soprattutto nei contemporanei, nell’aver osservato come
             l’Italia fosse entrata in guerra solo nel maggio 1915. Le tergiversazioni italiane,
             frutto del sacro egoismo del primo ministro Antonio Salandra, non erano andate
             giù ad alcuni degli addetti ai lavori britannici, che accusarono gli italiani di avere
             fatto orecchie da mercante in un momento di difficoltà dei due schieramenti. 24
                Al  di  là  delle  controversie  prettamente  storiografiche,  il  pessimismo  da
             parte dei britannici sulle capacità guerriere e sulla tenacia dei soldati del
             Regio Esercito andava al di là di una semplice constatazione delle deficienze
             strutturali  dello sforzo bellico italiano. Venivano  chiamate  in causa  anche  le
             stesse caratteristiche etniche dell’italiano come fattore debilitante, paragonate
             sfavorevolmente rispetto a quelle delle razze nord-europee.  Per l’ambasciatore
             britannico a Roma Rodney Rodd, gli italiani erano “volubili” e “meno tenaci
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             (tough) dei popoli delle nazioni nordiche.’  Gli fece eco anche David Lloyd
             George,  primo  ministro  del  Regno  Unito  dal  dicembre  1916  alla  fine  della
             guerra. Nelle sue memorie, Lloyd George, nel cercare spiegazioni sulla rotta di
             Caporetto, in un primo momento tesse elogi sul “coraggio del soldato italiano”
             (bravery of the Italian soldier), chiamato a combattere in condizioni ambientali
             disagiate sul fronte austro-ungarico. Successivamente però, propone una visione
             alquanto singolare sul perché della disfatta italiana: le ritirate militari venivano
             meglio assorbite dalle “imperturbabili razze nordiche”(stolid races of the North),
             ma risultavano disastrose per  “eserciti di un popolo in gamba, immaginativo
             e suscettibile  come  quello  italiano”.  In effetti,  faceva  notare  Lloyd George,
             l’alto spirito immaginativo italiano, nel fantasticare sul soldato tedesco come
             un moderno unno, ingranaggio perfetto della macchina da guerra tedesca che
             aveva paralizzato contemporaneamenti gli eserciti di Francia, Gran Bretagna e


             21  Edmonds e Davies, Military Operations Italy 1915-1919, p.358.
             22  Ibid, pp.323-324. Gli fa eco anche Mark Thompson, The White War: Life and Death on the
                Italian Front 1915-1919 (New york: Basic Book, 2009), p.359. Più cauti nel loro giudizio Ian
                W. Beckett, Timothy Bowman e Mark Connelly, The British Army and the First World War
                (Cambridge: Cambridge University Press, 2017), p.409-410.
             23  Un’idea ancora ben presente nei libri recenti di storici anglosassoni: si veda John Keegan, the
                First World War (London: Knopf, 1999), p.350.
             24  Sulla questione si veda Dillon, ‘Allies Are a TiresomeLot’, p.23.
             25  TNA: FO 371/2687, Rodd to FO, 22 December 2016, citato da Dillon, ‘Allies Are a Tiresome
                Lot’, p.28.
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