Page 214 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             non si prestavano volentieri al servizio p: il generale Grazioli scrisse che essi
             «non hanno saputo o voluto comprendere il compito del servizio p, compito che
             si intona perfettamente col prestigio dell’ufficiale e con la missione affidatagli
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             dai Regolamenti e dalle tradizioni militari italiane ».
                Al contrario gli scritti privati degli intellettuali arruolati nel servizio P sot-
             tolineano la soddisfazione che questi ufficiali ricevevano dallo svolgere la loro
             missione, ad ogni livello di comando e quindi di responsabilità. Lombardo Radi-
             ce era capo di una sezione p, godeva quindi di una certa autonomia, il suo lavoro
             era esplicitamente apprezzato dal suo comandante d’armata, così non stupisce
             che scrivesse in una lettera alla moglie: «Sono ebbro di lavoro, felice, raggiante
             dei risultati ». anche gli addetti p per i comandi inferiori espressero uguale sod-
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             disfazione: piero Calamandrei ha scritto: «è il più nobile ufficio che mi poteva
             essere dato […] e mi ci dedico con piacere»; docente universitario di Diritto,
             Calamandrei aveva la possibilità di operare presso un Tribunale militare, lonta-
             no quindi dai pericoli del fronte, eppure preferì restare nel servizio p: «Questo
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             ufficio è molto più soddisfacente e nobile ». Scrittori e professori d’anteguerra
             furono chiamati a svolgere compiti di giornalisti “popolari” e maestri in scuole
             per analfabeti, eppure tutte le testimonianze attestano che, come ha scritto Mario
             Isnenghi, furono disposti «a mettere tra parentesi, con le presunzioni di indipen-
             denza, un altro criterio guida abituale, quello dell’oggettività, per farsi carico di
             un più elastico e spregiudicato ruolo di attivista e promotrice di prassi ». In di-
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             visa e spesso in prima linea, ritrovavano un’identità come intellettuali, una fun-
             zione morale riconosciuta ed un ruolo la cui importanza all’interno della società
             militare trascendeva i gradi, che in genere furono da sottotenente a capitano.
                Gli ufficiali scelti per il servizio p ebbero la possibilità di fuggire l’omologa-
             zione che era propria dell’esercito cadorniano, nonché l’alienazione della vita in
             trincea, senza peraltro sottrarsi ai pericoli di questa: se infatti divennero addetti



                 ambrogio Bollati, Roma, 1942 e Marte: antologia militare, curata con prezzolini.
             48  Corpo d’armata d’assalto, Servizio p, circ. 11233 del 2 ottobre 1918, firmata Grazioli. aUS.
                 SME, F2/102/1. I pregiudizi sul servizio p, soprattutto per l’aspetto della propaganda, pro-
                 vocarono la formazione di voci e ironie: secondo Barbara Bracco «sull’impiego degli intel-
                 lettuali nel sistema propagandistico circolarono malignità di ogni tipo». B. Bracco, Storici
                 italiani e politica estera, cit., p. 78. Giuseppe Lombardo Radice confermò indirettamente la
                 presenza di preconcetti nell’ambiente, quando sostenne che dal giungo ‘18 «nessuno più ac-
                 coglie con un risolino pietoso l’ufficiale addetto alla propaganda». loMBardo radice, Nuovi
                 saggi di propaganda pedagogica, cit., p. 11.
             49  Lettera del 6 giugno 1918, in “La riforma della scuola”, Documenti inediti, cit.
             50  Lettere alla moglie dell’8 aprile 1918 e del 20 maggio 1918. p. CalaMandrei, Lettere 1915-
                 1956, cit. Isnenghi, che ha conosciuto Jahier negli anni Sessanta, lo ricorda ancora affezionato
                 e «nostalgico» dell’esperienza vissuta nel servizio p. p. JaHier, 1918 L’astico, cit., p. 22.
             51  M. isnengHi, Giornali di trincea, cit., p. 59.
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