Page 217 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
P. 217

II SeSSIone - Il 1918.  ASpettI mIlItArI                            217



             poter svolgere tra i suoi soldati un’opera vera e propria di apostolato. […] È
             assolutamente necessario che gli ufficiali, non solamente inferiori, facciano, dei
             loro reparti, la loro famiglia, lo scopo unico del loro quotidiano lavoro. […] È
             di danno immenso, non solo per la disciplina, che, ripeto, deve essere sostanzia-
             le e materiata di austerità e di esempio, ma per tutta la compagine di un’unità,
             il contegno di certi ufficiali, i quali si preoccupano troppo delle loro comodità
             personali, non si interessano delle truppe che formalmente e per il tempo in cui
             possono temere la possibilità di un controllo, e arrivano talora fino ad ignorare i
             bisogni dei loro soldati. Bisogna assolutamente, inesorabilmente perseguire que-
                                      57
             sti colpevoli, questi assenti ». Gli ufficiali inferiori furono il collegamento tra
             i comandi e la massa dei soldati, perché essi più di tutti erano a contatto con la
             truppa: come ha scritto antonio Gibelli, «furono l’ossatura, il fattore essenziale
                     58
             di tenuta » dell’esercito. Il dibattito sul loro valore è ancora aperto, tra chi, come
             Giorgio Rochat, ritiene che avessero «una totale adesione alla guerra e un’e-
             levata consapevolezza del loro ruolo di comandanti» e chi è più critico, come
             antonio Sema, che ha valutato l’istituzione del servizio p come un fallimento
             della classe degli ufficiali: «gli schemi degli Uffici “p” per le “conversazioni coi
             soldati” […] abbandonano ogni illusione sulla capacità naturale degli ufficiali di
             svolgere il loro ruolo di educatori. ad essi veniva offerto un discorso standar-
                    59
             dizzato ». Il servizio p non si sostituì alla funzione pedagogica degli ufficiali
             inferiori, non aveva la possibilità quantitativa degli effettivi per riuscirvi, ma so-
             prattutto gli mancò del tutto questa ambizione. agli ufficiali lasciò libertà, anche
             se con limiti politico-ideologici, quanto alle forme da adottare per la funzione di
             educazione e propaganda.
                Se non sappiamo come tenenti e capitani reagirono all’azione propagandi-
             stica condotta verso di loro dal servizio p, di certo alcuni comandi inferiori non
             si dimostrarono entusiasti per un aspetto dell’azione di vigilanza: gli ufficiali p
             furono utilizzati dai comandi delle grandi unità anche come strumento di verifi-
             ca dell’operato di divisioni, reggimenti, raggruppamenti, ecc. Tutti gli ufficiali



             57  5ª armata, Sevizio propaganda, cit.
             58  a. giBelli, La Grande Guerra degli italiani, cit., p. 90. Sul ruolo di collegamento e di media-
                 zione degli ufficiali inferiori tra il potere politico e militare e la massa dei combattenti si veda
                 isnengHi, Il mito della grande guerra, cit., e in particolare i paragrafi Coscienza realistica del
                 ruolo e L’«anno della buona scuola della nuova borghesia italiana», in cui viene analizzato il
                 ruolo di mediazione svolto dagli ufficiali di complemento: «Nel baratro di classe scavato dal-
                 lo sviluppo storico tra la volontà politica e militare dei gruppi dominanti e l’estraneità sorda
                 e ostile delle grandi masse, si inserisce come elemento di mediazione e di sutura la piccola-
                 borghesia. È dunque essa a risultare il perno dell’equilibrio sociale e della -relativa- tenuta
                 militare dell’esercito»; p. 288.
             59  g. rocHat, L’efficienza dell’esercito italiano nella grande guerra, in “Italia Contemporanea”,
                 n° 206, marzo 1997, pp. 87-105; a. seMa, “Cose piccole” e “piccole cose”, cit. p. 68.
   212   213   214   215   216   217   218   219   220   221   222