Page 220 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
P. 220

220                                             il 1918. la Vittoria e il Sacrificio



                                                               67
             dati, considerabili alla stregua delle prediche sacerdotali , il ricorso costante ai
             motivi religiosi nella propaganda, sono tutti fattori che autorizzano a considerare
             l’ufficiale p una sorta di parroco laico o “patriottico”. Tuttavia Belardelli propo-
             ne questa interpretazione in un testo dedicato a Gioacchino Volpe, limitandosi
             così solo all’analisi del servizio p dove lavorava l’illustre storico, la sezione p
             dell’8ª armata, che ebbe la peculiarità di una grande distanza con l’ufficio in-
             formazioni; così non era ad esempio nella 3ª e nella 7ª armata. Il rischio di tale
             interpretazione è che siano trascurati del servizio p sia gli aspetti politici sia,
             soprattutto, quelli di vigilanza e controspionaggio. La tesi di una similitudine tra
             ufficiali p e parroci risulta meglio fondata nel caso degli ufficiali p addetti ai co-
             mandi inferiori, quelli cioè più a stretto contatto con i soldati, mentre le sezioni p
             nelle armate furono organi essenzialmente politici di scelta dei temi da trattare e
             di produzione di materiale propagandistico. Forse, però, la differenza più impor-
             tante tra il progetto del servizio p e quello ecclesiastico, considerando i caratteri
             del cattolicesimo dell’epoca, è il fine ultimo dell’azione delle due istituzioni nei
             confronti dei cittadini italiani. La Chiesa di Roma fino a pochi anni prima della
             guerra aveva predicato un ritorno al passato preunitario e l’illegalità dello stato
                                                                         68
             italiano, alle cui attività i cattolici non avrebbero dovuto partecipare , il servizio
             p all’opposto propagandò la partecipazione e il sentimento comune con lo stato,
             nonché la formazione di una società nuova per il dopoguerra. L’idea dell’italiano
             “nuovo” era tradizionale per la giovane Italia unita, si pensi al famoso «fatta l’I-
             talia bisogna fare gli italiani», e che fu ripresa anche dal fascismo.
                Se Belardelli ha posto l’accento sull’assistenza, Melograni ha fatto della vi-
             gilanza l’aspetto più caratterizzante del servizio p: i suoi ufficiali sarebbero stati
             una sorta di inquisitori sia di ufficiali inefficienti sia di soldati disfattisti . Si è
                                                                              69

             67  Si veda il disegno di paolo Caccia Dominioni propagandisti e propagandati, in D. Porcedda,
                 Strategie e tattiche, cit., p. 103.
             68  L’atteggiamento della curia romana si era ammorbidito da quando erano stati promulgati da
                 pio IX il “Sillabo” nel 1864 ed il “non expedit” dieci anni dopo; quest’ultimo nel 1904 fu
                 sospeso da pio X. Il movimento della “democrazia cristiana” di Romolo Murri e Luigi Stur-
                 zo, fautore di una politica autonoma rispetto all’autorità ecclesiastica, e soprattutto il patto
                 Gentiloni del 1913, che portò alla Camera “cattolici deputati”, avvicinarono i cattolici alla
                 politica e permisero alla maggioranza dei cappellani militari cattolici di far opera di patriotti-
                 smo. Le autorità religiose valdesi ed israelita, che fornirono cappellani e rabbini all’esercito,
                 non avevano recriminazioni politiche contro l’Italia, quindi il lealismo dei cappellani valdesi
                 e dei rabbini non destò la stessa preoccupazione dei colleghi cattolici, acuita dopo l’invito di
                 Benedetto XV a far cessare “l’inutile strage”. Il testo storiografico di riferimento è R. MoroZ-
                 Zo della rocca, La fede e la guerra, cit.; Luigi Capello (che era massone) ha riferito di due
                 cappellani militari della sua armata che si rifiutarono di toccare la bandiera italiana; i richiami
                 alla vigilanza dei cappellani e soprattutto dei parroci nel territorio delle armate, è continuo
                 nelle circolari anche del servizio p.
             69  P. Melograni, Storia politica della grande guerra, cit., p. 476.
   215   216   217   218   219   220   221   222   223   224   225