Page 335 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             contrario, ad esempio, alla costituzione di legioni, ma anche a semplici squa-
             dre di avvicinamento, formate da prigionieri jugoslavi, polacchi o romeni . La
                                                                               65
             stessa rigidità la mostrò nell’imporre la sua linea di condotta verso i prigionieri
             “irredenti”, che a suo avviso andavano selezionati con cura sulla base della loro
             affidabilità politico-nazionale, senza mai dimenticare “il grande interesse che
             noi abbiamo di non crearci con ciò dei pericoli in Italia”, come invece sarebbe
             avvenuto accogliendo delle persone che “potrebbero avere tendenze a ritornare
             in Austria Ungheria e, restando a casa loro, a giovare in ogni modo alla cau-
             sa del nemico” . E dunque prendere solo gli affidabili, rimpatriarli senza però
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             arruolarli nell’esercito italiano e sistemarli ben distanti dalla zona di guerra. A
             tale posizione cercò di opporsi, senza successo, il sottocapo di Stato maggiore
             dell’esercito, generale Carlo Porro, che invece coglieva con maggiore intelligen-
             za i risvolti politici e propagandistici della questione. A suo avviso un rimpatrio
             parziale e condizionato dei prigionieri avrebbe rischiato di produrre effetti con-
             trari agli interessi nazionali. Portando in Italia solo coloro che si dichiaravano
             disposti a qualsiasi rischio e pericolo, anche di combattere contro l’Austria, il
             nemico avrebbe potuto strumentalmente argomentare che non tutti gli italofoni
             volevano l’Italia, indebolendo la futura azione diplomatica finalizzata a precise
             acquisizioni territoriali. Avrebbe inoltre provocato profondo malcontento tra le
             popolazioni delle terre “irredente”, rinunciando a quegli “immensi benefici mo-
             rali” che sarebbero invece venuti da un rimpatrio generalizzato . Si proponeva
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             che l’unico criterio dovesse essere quello della nazionalità dei prigionieri, senza
             alcun riguardo per le loro richieste e con l’obiettivo di verificare i loro sentimenti
             solo una volta giunti in Italia, decidendo di volta in volta, ma sulla base di criteri
             di larghezza, se ritenerli meritevoli di godere di libertà condizionata o di potersi
             ricongiungere con la propria famiglia . La sua proposta era dunque quella di
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             prendere tutti i prigionieri originari dei territori che l’Italia rivendicava, indipen-
             dentemente dalla loro affidabilità nazionale e dalla loro disponibilità a prendere
             qualsiasi impegno verso l’Italia. Ciò avrebbe rafforzato le pretese italiane sui
             territori dai quali questi originavano.
                Se questi erano i timori e le incertezze del governo romano, non meno vive
             erano le preoccupazioni austriache nel seguire le dinamiche interne alla comuni-
             tà dei prigionieri di lingua italiana. Anche grazie ai frequenti riferimenti presenti


             65  ToSI LUCIaNo, La propaganda italiana all’estero nella prima guerra mondiale. Rivendica-
                 zioni territoriali e politica delle nazionalità, Del Bianco, Udine 1977, pp. 188-189; MoNDI-
                 NI, La guerra, cit., p. 306.
             66  aCS, MG, CS, SGaC, b. 468, fasc. 42, Rilascio di prigionieri irredenti in Russia, copia di
                 telegramma di Sonnino al presidente del Consiglio Boselli, 4.8.1916.
             67  Ivi, porro al presidente del Consiglio Boselli, 24.7.1916.
             68  aSMaE, aG, b. 342, fasc. 72, sf. 21, prigionieri irredenti in Russia, porro al ministero della
                 Guerra, 28.11.1916; ma si veda anche porro a Boselli, 25.8.1916.
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