Page 330 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             autocensura, mostrando del prigioniero il suo carattere più autentico. Al termine
             dell’analisi i cechi vennero classificati come i peggiori elementi, dei serbi si sot-
             tolineò la tendenza patologica alla falsità e alla doppiezza, mentre agli abitanti
             dell’area alpina, tirolesi in testa, si assegnò la palma della fedeltà all’Impero . In
                                                                                49
             questa riproposizione dei più inveterati luoghi comuni sulle diverse nazionalità
             ci si aspetterebbe un giudizio negativo anche sugli italiani, che invece era respin-
             to con decisione. Dalla corrispondenza risultava che tra gli italiani d’Austria le
             posizioni irredentiste si manifestavano esclusivamente nelle aree urbane, mentre
             il «cuore» della popolazione era da considerarsi «sano», di sentimenti dinastici
             e fedele all’Impero. Il rapporto proseguiva sottolineando come tra gli italiani
             non vi fossero stati casi di diserzioni di massa e sostenendo con sicurezza che
             un eventuale referendum nei territori di confine rivendicati dall’Italia avrebbe
             dato un esito schiacciante a favore dell’Austria. Non è questo l’unico esempio
             di valutazione positiva del comportamento dei soldati di lingua italiana e, più in
             generale, dei sentimenti di quella minoranza. Eppure, nei confronti degli italiani
             a prevalere fu un pregiudiziale atteggiamento di sfiducia che più che di dati e
             comportamenti reali si nutriva di scetticismi di antica data, di sospetti cresciuti
             a dismisura ben prima del conflitto. A pesare era il vero o presunto radicamento
             del movimento irredentista nelle aree di provenienza, che faceva automatica-
             mente di questi soldati dei potenziali nemici dello stato e dell’esercito, prima
             e al di là di qualsiasi condotta realmente antinazionale. A ciò si aggiungevano
             considerazioni che attingevano a sedimentati pregiudizi circa l’inaffidabilità e la
             pigrizia dei popoli meridionali .
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             3. Prigionieri in Russia, tra Austria e Italia
                Circa 30.000 soldati di lingua italiana vissero la dura esperienza della pri-
             gionia in Russia. A migliaia caddero prigionieri subito, nei primissimi mesi di
             scontri in Galizia, contraddistinti da rapidi cambi di fronte, da una guerra di
             movimento che provocò da una parte e dall’altra impressionanti masse di pri-
             gionieri. Per loro si aprì la lunga e incerta parentesi della cattività, caratterizzata
             dalle più diverse condizioni determinate dalla vita in campi di reclusione più
             o meno vivibili, dalla possibilità o meno di lavorare, da condizioni ambientali


             49  ÖSta,  Ka, aoK,  Gemeinsames  zentralnachweisbüro  des  Roten  Kreuzes  (GzNB),  zen-
                 surabt. Res 1128, 1915, Karton 3727, Bericht des Leiters der zensur-abteilung für Kriegsge-
                 fangenen-Korrespondenz, Major Theodor primavesi, 20.6.1915.
             50  Nel commentare la composizione del 97° reggimento di fanteria, l’ex ufficiale artur Brosch
                 nelle sue memorie stese nel 1955 scriveva: “Il distretto di reclutamento per il 97° reggimento
                 di fanteria era la città di Trieste con il suo territorio e l’Istria […] Il materiale umano era per
                 la metà italiano e per l’altra sloveno, del Carso, ed era come per tutti gli abitanti dei paesi
                 meridionali difficilmente disciplinabile e disposto al dolce far niente”. Il memoriale Brosch,
                 in: “La Bora” 3 (1979) 5, pp. 38-39 cit. in RaNCHI, “La luna”, cit., p. 285.
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