Page 327 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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                I  diari  dei  soldati  sono  colmi  di  riferimenti  all’atteggiamento  diffidente  e
             vessatorio dei comandi militari verso gli elementi di lingua italiana. Giuseppe
             Masera racconta la marcia verso il fronte nel dicembre 1915 di un convoglio di
             soldati italiani, definiti “porci o bestie infime” dal loro tenente, guardati come
             “gente ribelle ed indisciplinata” e tenuti strettamente sorvegliati da altri soldati
             armati (“Angeli custodi colla baionetta”) . La testimonianza di Guerrino Botteri
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             si sofferma invece sulla durezza estrema delle marce forzate in Galizia, senza
             ricevere cibo e senza poter mai dormire, trattati come bestie e offesi perché ita-
             liani, definiti per questo “vili cani merdosi”; “Un mio compagno prega si voglia
             ucciderlo: non vuole, non può proseguire: è sfinito di corpo e di spirito” . Ovvia-
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             mente, in questo come in altri casi, le violenze e i soprusi patiti in quanto italiani
             si intrecciano e si sovrappongono a quelli subiti senza distinzioni da tutti i solda-
             ti, ciascuno dei quali alla mercé di un sistema di comando e di controllo spesso
             inumano. Ciò non toglie che a tutti - soldati e ufficiali - fosse evidente come il
             parlare una lingua piuttosto che un’altra rappresentasse un elemento centrale
             nel determinare il livello di affidabilità di ciascuno. Lo coglie chiaramente, tra
             gli altri, Mario Raffaelli, che lucidamente osserva la svolta negativa provocata
             dall’intervento italiano: “L’Italia fu la rovina per noi, eravamo maltrattati come
             bestie” .
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                Effettivamente, dopo il 24 maggio 1915 i vertici militari elaborarono delle
             chiare direttive nei confronti dei soldati di lingua italiana, muovendo dall’assun-
             to della loro sostanziale inaffidabilità. La prima preoccupazione era di allonta-
             narli dal nuovo fronte sudoccidentale, dove si sarebbero trovati pericolosamente
             a contatto con l’esercito del Regno d’Italia. Ecco così che il 6 agosto l’Armee-
             oberkommando diramò ai comandi di quel fronte le regole di massima cui atte-
             nersi nella gestione degli italiani provenienti sia dal Trentino che dal Litorale:
             sul fronte italiano utilizzare solo soldati tedeschi; trasportare tutti gli italiani sul
             fronte nordorientale; suddividerli in piccoli gruppi da distribuire in numerose
             altre formazioni militari; controllarli con particolare attenzione e separarli dai
             tedeschi fin dalla fase preliminare dell’addestramento. Gli allontanamenti sareb-
             bero dovuti avvenire anche nell’impossibilità di adeguate sostituzioni: meglio
             disporre di meno soldati se ciò avrebbe significato liberarsi dell’infausta pre-
             senza degli italiani . In precedenza erano state già emanate disposizioni circa
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             38  Giuseppe Masera, in: FaIT (a cura di), Riccardo Malesardi, cit., pp. 31-125, qui pp. 35-36.
             39  Guerrino Botteri, in: aNToNELLI QUINTo, BRoz MaNUELa, poNTaLTI GIoRGIa (a
                 cura di), Guerrino Botteri, Vigilio Caola, Giovanni Lorenzetti, Valentino Maestranzi, Giusep-
                 pe Scarazzini, Museo storico in Trento, Museo storico italiano della guerra, Trento, Rovereto,
                 1998, pp. 11-49, qui p. 24.
             40  Mario Raffaelli, in: FaIT (a cura di), Riccardo Malesardi, cit., pp. 157-201, qui p. 194.
             41  ÖSta, Ka, armeeoberkommando (aoK), operationsabteilung (opabt), 13725/1915, Kar-
                 ton 32.
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