Page 331 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             spesso estreme . Ma in Russia divennero anche strumento delle politiche delle
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             nazionalità messe in atto da Mosca, Vienna e Roma. La massa dei prigionieri
             italiani divenne oggetto dell’interessamento del paese che li deteneva, del paese
             che li aveva arruolati e mandati a combattere e infine del paese che aspirava a
             farne suoi cittadini attraverso l’annessione dei territori da cui provenivano. Nel
             farlo tutti e tre applicarono nei loro confronti rigide categorie di appartenenza
             nazionale, che però solo in parte potevano considerarsi strumenti in grado di
             rispecchiarne i sentimenti e soprattutto di comprenderne i comportamenti.
                Già nell’ottobre 1914 l’ambasciatore russo a Roma comunicava al presidente
             del Consiglio nonché ministro degli Esteri, Antonio Salandra, la disponibilità
             dello zar a liberare “tutti i prigionieri austriaci di nazionalità italiana qualora go-
             verno italiano si obblighi a custodirli per tutta la durata della guerra nel Regno,
             acciocché non possano rientrare nelle file dell’esercito austro ungarico” . La
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             proposta russa nasceva dalla volontà di favorire l’avvicinamento di Roma all’In-
             tesa, determinando un atto di formale e definitiva rottura con l’alleato austriaco.
             Si trattava di un tassello della più ampia politica delle nazionalità messa in atto
             da Mosca, che aveva condotto alla distribuzione di un manifesto in nove lingue
             diretto ai popoli dell’Austria-Ungheria cui si prometteva l’emancipazione nazio-
             nale e che avrebbe determinato politiche differenziate nei confronti dei prigio-
             nieri austriaci a seconda della loro lingua, con il trattamento peggiore riservato a
             tedeschi e ungheresi . Salandra fu costretto a respingere l’offerta, adducendo in
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             primo luogo l’obbligo di osservare i doveri della neutralità. Tali doveri vennero
             meno con l’ingresso dell’Italia in guerra contro l’Austria-Ungheria.
                A quel punto nulla si frapponeva a un accordo tra i due nuovi alleati sul de-
             stino da riservare ai prigionieri italofoni, che vennero contattati dapprima dalle
             autorità russe, poi da una apposita missione militare italiana con la proposta
             della liberazione in cambio del passaggio all’Italia. L’enorme vastità della Rus-
             sia, il numero spropositato di campi di detenzione e di prigionieri ne rendeva
             impossibile la suddivisione chiara per gruppi nazionali e così non tutti gli italiani
             vennero a conoscenza di questa opportunità, che comunque si presentò a diverse



             51  Sul tema in generale si veda NaCHTIGaL REINHaRD, Russland und seine österreichisch-
                 ungarischen Kriegsgefangenen (1914-1918), Bernard albert Greiner, Remshalden, 2003, sul
                 caso degli italiani RoSSI, I prigionieri, cit.; aNToNELLI, I dimenticati, cit., pp. 155-233.
             52  Ministero degli affari Esteri – Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici,
                 I documenti diplomatici italiani, quinta serie: 1914-1918, volume II (17 ottobre 1914 – 2
                 marzo 1915), Roma 1984, doc. 36, Salandra all’ambasciatore a pietrogrado, 24.10.1914.
             53  VaLIaNI LEo, La dissoluzione dell’austria Ungheria, Il Saggiatore, Milano, 1966, pp. 147-
                 150;  NaCHTIGaL  REINHaRD,  privilegiensystem  und  zwangsrekrutierung.  Russische
                 Nationalitätenpolitik gegenüber Kriegsgefangenen aus Österreich-Ungarn, in: oLTMER Jo-
                 CHEN (a cura di), Kriegsgefangene im Europa des Ersten Weltkrieges, Schöningh, pader-
                 born, 2006, pp. 167-193.
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