Page 332 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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332 il 1918. la Vittoria e il Sacrificio
migliaia di loro. Non vi è qui la possibilità di ricostruire nel dettaglio le fasi di
questa complessa vicenda, che vide l’individuazione dei prigionieri di lingua
italiana, il loro concentramento in appositi campi, il trasporto in Italia - tra il
settembre e il dicembre 1916 - di circa 4000 di loro, il drammatico trasferimento
in Cina dei restanti dopo lo scoppio della rivoluzione d’ottobre, il loro parziale
inglobamento nel Corpo di spedizione italiano in Estremo Oriente attivo in Sibe-
ria con funzioni antibolsceviche e infine il tardivo rimpatrio. Vi è solo lo spazio
per alcune considerazioni circa l’atteggiamento nei loro confronti da parte di
Roma e di Vienna, nonché circa le loro reazioni di fronte alla proposta di sce-
gliere l’Italia.
Le autorità italiane si mostrarono tutt’altro che sollecite nell’organizzare il
viaggio in Italia dei prigionieri “irredenti”. Subito dopo l’ingresso in guerra,
l’ambasciatore italiano a Pietrogrado faceva notare al governo come la vecchia
proposta dello zar, a suo tempo lasciata cadere, ritornasse ora di attualità. Salan-
dra ammetteva che effettivamente non era più possibile rifiutare l’offerta dello
zar per il rilascio dei prigionieri di lingua italiani, “salvo a superare le difficoltà
del loro ritorno” . Tali oggettive difficoltà avrebbero effettivamente inciso sui
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trasferimenti, che inizialmente si volevano effettuare lungo la rotta balcanica, at-
traverso Romania, Bulgaria e Grecia. A ciò si aggiungevano però i tentennamen-
ti e le preoccupazioni delle autorità di governo, incerte su come procedere, su
quanti e quali soldati avviare verso l’Italia, sull’opportunità di pretendere da loro
l’impegno ad arruolarsi nell’esercito italiano. Subito Salandra e il ministro degli
Esteri Sidney Sonnino si trovarono d’accordo a concedere la precedenza a colo-
ro che avevano espresso la volontà di essere incorporati nell’esercito, lasciando
in una sorta di limbo gli altri, che rappresentavano la grande maggioranza. Di
questi ultimi si preferiva “non affrettarne la venuta in Italia. Varrà lauta spesa
risparmiata a beneficio dell’erario sia per il trasporto sia per il loro mantenimento
nel Regno” . Si delineò dunque immediatamente la linea governativa: da una
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parte gli italianissimi che, dopo accurate indagini sui loro reali sentimenti, si
era disposti ad accogliere, dall’altra tutti i restanti, visti semplicemente come un
peso ma anche, come vedremo, come un pericolo.
Da parte loro i russi proseguirono nell’opera di concentramento degli italiani,
dapprima nel campo di Omsk, nella Siberia sud-occidentale, poi in quello di
Kirsanov, nel governatorato di Tambov, a circa 600 chilometri a sud-est di Mo-
sca. Nell’ottobre 1915 offrirono al governo italiano circa 2000 prigionieri che
avevano fatto formale richiesta di essere inviati in Italia. Ma Roma prese tempo,
54 archivio storico diplomatico del ministero degli affari esteri, Roma (aSMaE), archivio
politico e ordinario di Gabinetto 1915-1918 (aG), b. 337, fasc. 72, sf. 2, prigionieri irredenti
in Russia, Carlotti al ministero degli Esteri, 27.5.1915 e Salandra a Sonnino, 29.5.1915.
55 Ivi, Sonnino a Salandra, 7.7.1915 e Salandra a Sonnino, 8.7.1915.