Page 34 - Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio - Atti 17-18 ottobre 2018
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             truppe, i poilus partendo per l’Italia nel novembre-dicembre 1917, espressero
             sentimenti sprezzanti, accusarono l’incompetenza del comando italiano, denun-
             ziarono la viltà del soldato transalpino divenuto un « caporettista », neologismo
             pegggiorativo creato per l’occasione. Non c’era entusiasmo. Un combattente del-
             la Grande Guerra scriveva : « Questa dura lezione non cambierà il temperamento
             di questa razza chiacchierona [italiana] la cui organizzazione sarà sempre inferio-
             re a quella dell’altra razza [francese], più silenziosa e più lavoratrice », un altro :
             « È ridicolo andare a farsi ammazzare per gente che non si sa difendere », in un
             paese in cui « gente di più di trentun anni non è mobilitata » (cosa assolutamente
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             falsa), un altro ancora : « Gli italiani non valgono più dei russi » .
                Inoltre, Clemenceau non amava l’Italia, probabilmente perché il bel paese
             era la terra del papismo che egli destestava da quel vecchio radicale anticlericale
             qual era. Era sopratutto arrabbiato con armando Diaz perché questo non faceva
             nulla. Quanto a Raymond poincaré, secondo i ricordi di abel Ferry, era dive-
             nuto italofobo dal momento in cui aveva sposato una donna di sangue italiano,
             Henriette adeline Benucci . Temeva sopratutto le rivendicazioni italiani del di-
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             partimento del Var in cambio di un intervento in Francia. Dal canto suo, il futuro
             maresciallo Foch era persuaso di essere stato l’uomo della situazione salvando
             l’esercito italiano sul Piave . Sopratutto Clemenceau, pétain e Foch pensavano
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             che l’Italia abbondasse di mano d’opera che poteva prestare alla Francia (dopo-
             tutto 25 452 borghesi e 6 400 esonerati italiani erano venuti a lavorare in Francia
             tra maggio 1915 e marzo 1917 ). E tutti consideravano l’italiano buon mec-
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             canico, buon muratore e buon manovale (immagine dell’immigrato) ma brutto
             combattente ! Cosa peggiore per gli italiani, l’aspetto dei primi ausiliari militari
             delle CoMI, arrivati fin dal novembre 1917 era pietoso, lontano dell’immagine
             di un soldato vero e proprio. Erano malati e feriti, dichiarati inabili alle fatiche di
             guerra (solo un terzo era costituito da artiglieri mandati in Francia perché privati
             di cannoni persi a Caporetto). Molti francesi ne furono stupiti, delusi e scanda-
             lizzati. Non capivano perché migliaia di poilus avendo una salute di ferro erano
             partiti in Italia, mentre migliaia di soldati italiani miserabili arrivavano nel loro
             Paese . Inoltre, le autorità militari francesi diffidavano degli italiani che furono
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             sottoposti ad un controllo postale specificamente italiano (le commissioni erano


             7   NICoT JEaN, Les poilus…, op. cit., pp. 54 e 77-78.
             8   FERRY aBEL, Carnets secrets…, op. cit., p. 228.
             9   GaBRIELE MaRIaNo, Gli alleati in Italia durante la prima guerra mondiale (1917-
                 1918), USSME, Roma, 2008, pp. 52, 55-56.
             10  Rapporto del tenente Di palma di Castigliole al colonello Breganze, parigi, 27 marzo
                 1917, aUSSME, E 11-41 bis., prot. 1917 cat. X.
             11  SHD/Guerre (GR) 16 N 1554 : « Note sur les travailleurs italiens d’après le contrôle pos-
                 tal, Service du renseignement aux armées », Gran Quartier Generale (GQG), 12 marzo
                 1918.
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