Page 138 - Il 1919. Un’Italia vittoriosa e provata in un’Europa in trasformazione. Problematiche e prospettive - Atti 11-12 novembre 2019
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136          Il 1919. Un’Italia vittoriosa e provata in un’Europa in trasformazione




                    Per quanto riguarda la profilassi e la terapia dobbiamo confessare che siamo quasi
                    disarmati. Le disinfezioni dei locali e degli effetti d’uso e letterecci dei malati, i gar-
                    garismi, le polverizzazioni e le altre medicazioni topiche applicate sui militari si
                    mostrano del tutto inefficaci. Lo stesso dicasi della sieroterapia e della vaccinote-
                    rapia, dei salassi, delle iniezioni endovenose di acido fenico e d’altri antisettici seb-
                    bene tutti questi soccorsi fossero benissimo tollerati dagli infermi. Negli ospedali
                    di Marina fu su larga scala provato anche il vaccino polivalente del prof. Centanni
                    ma senza alcun risultato apprezzabile.

                 Un dato particolare è quello che le classi di età maggiormente colpite furono
              quelle tra i 20 e i 40 anni. La minore mortalità negli ultra quarantenni fu forse
              dovuta alla presenza di anticorpi specifici a seguito del contatto col virus avvenuto
              nell’epidemia chiamata Influenza russa, verificatasi nel 1889-1890 e che aveva pro-
              vocato circa 250.000 morti in Europa e 20.000 in Italia.
                 L’attendibilità delle statistiche della spagnola è relativa e può indubbiamente
              essere infirmata da numerosi fattori: si pensi ai tanti prigionieri italiani in zone
              lontane come la Galizia, certamente non censiti, allo spostamento continuo dei
              confini, specie negli ultimi anni di guerra – ad esempio dopo Caporetto – ma
              anche agli errori diagnostici dei medici derivati spesso dalla impossibilità di ac-
                                               certare, mediante una semplice ispezione del
                                               cadavere, le reali cause del decesso e affidata
                                               il più delle volte ai medici necroscopi (molti
                                               medici di famiglia erano al fronte), che face-
                                               vano diagnosi sulla base delle dichiarazione
                                               dei familiari; infine si consideri che la spa-
                                               gnola non era tra le malattie infettive con ob-
                                               bligo di denuncia.
                                                  I laboratori di tutto il mondo si misero alla
                                               caccia del batterio responsabile, ma non fu
                                               trovato – non poteva esserlo – perché era un
                                               virus filtrabile non riconoscibile con il micro-
                                               scopio ottico; si lanciò l’accusa contro il ba-
                                               cillo di Pfeiffer, venne emesso il mandato di
                                               cattura contro il Phlebotomus papatasi, piccolo
                                               moscerino che punge di notte, lo sosteneva
                                               il direttore dell’Istituto di Igiene della R. Uni-
                   Fig. 6 - Jeffery Taubenbergher,
                lo scienziato che ha ricostruito nel 1997   versità di Roma, prof. Giuseppe Sanarelli,
                  il genoma del virus della spagnola  mentre Ettore Marchiafava, famoso docente
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