Page 416 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
In quella circostanza, il Prefetto dalla Chiesa si limita alla commemorazione pub-
blica del suo Collaboratore e amico sin dai tempi del Comando Legione di Paler-
mo (1966 – 1973), non senza risparmiare un riferimento al Sindaco del capoluogo
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siciliano, Nello Martellucci , il quale pochi giorni prima, in risposta alle allusioni
del Prefetto circa la non permeabilità della sua struttura di governo locale aveva
dichiarato: «Non ho mai visto collegamenti fra la mafia e il Comune. E io ho occhi
acuti». Il Prefetto, per contro, disse: «Russo aveva tutti e cinque i sensi, non aveva
solo la vista acuta, ma l’udito finissimo, l’argomentazione intelligente della parola,
quel tatto di chi sapeva attendere per combattere meglio».
10. TUTTI CONTRO
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Uniche voci dissonanti giunsero dal Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana,
Salvatore Lauricella, e da Luigi Colajanni, Segretario Regionale del Partito Comu-
nista. Il primo dichiarò di aver subito intuito la debolezza della scelta di dalla Chiesa
a causa della natura amministrativa del ruolo assegnatogli rinnovando la necessità di
un «cervello operativo unitario nella lotta alla mafia». Il secondo, nel rimarcare che
sembrava che il ministro Rognoni si fosse rimangiato le promesse fatte al momento
della nomina del Prefetto dalla Chiesa, auspicava il varo ungente di un provvedimento
di «legge per mettere a punto strumenti di intervento e coordinamento efficaci» .
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Mercoledì 25 agosto 1982, gli organi di stampa tornavano sull’argomento per com-
mentare una dichiarazione rilasciata dal ministro Rognoni a «L’Ora»: «Al Prefetto
dalla Chiesa nella lotta contro la mafia spetta il coordinamento dell’intelligence. Egli,
cioè, è il terminale di tutte le informazioni che si acquisiscono sulla mafia. È evidente
32 Nello Martellucci, avvocato messinese di origini laziali, dopo una lunga militanza nel Partito
Repubblicano Italiano, aderì nel 1964 alla Democrazia Cristiana. Eletto Sindaco di Palermo nel
1980 resterà in carica sino al 1983. Tornerà a Palazzo delle Aquile da ottobre a dicembre 1984.
Morirà, insieme alla moglie, in un incidente stradale verificatosi il 27 dicembre 1997.
Nei famosi 123 giorni a Palermo e anche in precedenza, fu uno degli oratori più ostili al Prefetto
dalla Chiesa, spesso senza nominarlo direttamente e lo si può considerare il portavoce, insieme
al Presidente della Regione Siciliana, della corrente «limiana» della Dc palermitana. Di seguito,
alcune sue dichiarazioni pubbliche:
– dal «Giornale di Sicilia» di sabato 3 aprile: «Un uomo solo, per quanto eminente, non basta.
Occorrono uomini, mezzi e possibilità di intervento. E che lo Stato si ponga bene in mente che
il problema di Palermo e della Sicilia non è un problema di polizia: bisogna intervenire sul pia-
no economico e su quello sociale, e eliminando assurde, offensive sperequazioni fra comuni del
Mezzogiorno e comuni del centro-nord»;
– dal «Giornale di Sicilia» di giovedì 12 agosto 1982: Più poteri al prefetto di Palermo? «Qui si finge di
non capire. Anche la stampa sembra non capire. La mafia è certo un fenomeno di patologia sociale.
Ma non si può curare soltanto la sintomatologia che pure va affrontate e duramente. Insomma
non si possono dimenticare le cause, i problemi sociali»;
– da «la Repubblica» di sabato 16 agosto: «Lei capisce, caro amico, qui la DC governa il 47%, con-
tro il 15% del PCI e l’11% del PSI. Non possiamo compromettere una leadership così netta […]
Ora hanno mandato dalla Chiesa […] Grandissimo Ufficiale, uomo di grande spessore culturale,
come Cappuzzo del resto. Ho avuto occasione di incontrare anche il Generale Cappuzzo (Capo
di Stato maggiore dell’Esercito Italiano, già Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri), un
piacevolissimo incontro. Ho notato che il livello intellettuale dei militari si è estremamente elevato
[…] Dalla Chiesa non si discute, di forze dell’ordine più ne circolano e meglio è. Ma cosa possono
cambiare cento, mille poliziotti in più? Cosa può offrire a dalla Chiesa uno Stato di diritto? […]
Lo stesso Mori, adempiendo ad un ordine di Mussolini, quantificò per iscritto al Duce la presenza
di mafiosi in Sicilia: il 3 per cento della popolazione. Se prendiamo per buona anche oggi questa
percentuale, ci accorgiamo come il fenomeno mafioso sia meno esteso di quanto si immagini. Mio
caro amico, io insisto: perché non proviamo la ricetta Martellucci?».
33 Tratto dal «Giornale di Sicilia» di domenica 22 agosto 1982.