Page 414 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
nazionale antimafia. Felice Cavallaro, autore dell’articolo, riportava altresì il seguente
virgolettato: «Guai a coltivare attese racchiuse in tempi stretti o abbandonarsi a facili
aspettative o personalizzare una lotta che deve essere di tutto lo Stato in ogni sua
componente». Il Ministro riprendeva, in realtà, un concetto che aveva già espresso
nell’audizione del 1998 di cui si è appena fatto cenno, allorquando in proposito alle
lagnanze pervenutegli da più parti, espresse lo stesso convincimento: «In verità, la lotta
al terrorismo era generale: richiedeva la mobilitazione di tutti, polizia, carabinieri,
giudici; quindi, l’eccessiva personalizzazione era assai pericolosa».
Sulla stessa edizione del 17 agosto non poteva mancare il parere del Presidente
della Regione Siciliana, Mario D’Acquisto, che sembrava riproporre integral-
mente le dichiarazioni del ministro Rognoni: «Viene ancora sottolineato, come
più volte richiesto dalle Autorità politiche della Sicilia, che il problema della
410 lotta alla criminalità nell’isola è problema nazionale da affrontarsi con i mezzi
di cui lo Stato dispone senza illusioni di facili successi ma anche con tutta la
tenacia indispensabile». L’articolo si concludeva riferendo che il Presidente
D’Acquisto aveva ascoltato con soddisfazione il Ministro dell’Interno quando
aveva riferito: «Credo che gli strumenti a disposizione dello Stato siano sufficienti
a contrastare la criminalità organizzata nel nostro Paese. Si tratta di utilizzare
tutta la potenzialità […]».
Mercoledì 18 agosto, sempre sul «Giornale di Sicilia», appare un articolo dal
titolo La trappola dei posti di blocco nel corso del quale si dava atto dei benefici
effetti psicologici che la massiccia (ed evidentemente inedita) presenza di Forze
dell’Ordine sulle strade della provincia palermitana aveva comportato sulla
popolazione, frastornata e atterrita dall’escalation di violenze e di omicidi che
avevano flagellato la città nei giorni e nei mesi precedenti. L’autore dava altresì
atto della funzionalità del dispositivo di controllo nei punti caldi della città fa-
cendo riferimento all’arresto, operato l’11 agosto precedente, allorquando due
motociclisti antiscippo avevano intercettato tre killer subito dopo aver assassi-
nato un giovane a bordo del suo ciclomotore. Risultato positivo anche sotto il
profilo della prevenzione criminale, aggiungeva l’articolista, sottolineando che
anche il Prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa annetteva grande importanza alla
presenza fisica degli uomini della legge su strada. Chiudeva, riportando che
martedì mattina (17 agosto 1982), il Prefetto aveva girato a lungo nel territorio
del triangolo della morte (Bagheria, Casteldaccia e Altavilla Milicia), per una
verifica personale dell’efficienza dei posti di blocco.
L’indomani, mercoledì 18 agosto 1982, a Ficuzza (PA), si celebrò il quinto anniver-
sario dell’assassinio del Tenente Colonnello dei Carabinieri di Palermo Giuseppe
Russo e dell’insegnante Filippo Costa.
In quella circostanza, il ministro Rognoni ribadì la sua posizione che escludeva ogni
forma di personalizzazione per
una lotta che deve essere dello Stato, di tutto lo Stato in ogni sua componente […].
Per quanto riguarda il governo nazionale a rappresentarlo in relazione a tutte le
prerogative dell’amministrazione centrale e nel massimo rispetto delle autonomie
locali, vi è un Prefetto a Palermo che non solo è sostenuto dalla stima e dalla fiducia
di chi lo ha preposto a questo delicatissimo compito, ma un prefetto che, per la sua
particolare esperienza, mostra in quale misura sia pregiudiziale ad ogni sviluppo
civile e democratico la lotta alla mafia, la lotta alla criminalità organizzata […] La
scelta del Generale dalla Chiesa a Prefetto di Palermo è stata fatta per questo. Ma
soprattutto è stata fatta in relazione ai livelli di coordinamento dell’azione di polizia
che, per quanto riguarda la mafia, trova un teatro di intelligenza e operatività che
va ben oltre l’area siciliana.