Page 411 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Prefetto di Palermo
istituzionali previsti in quel territorio. […] Naturalmente, in periferia, si fa presto ad
attivare i mass-media o l’organo di informazione o il cronista amico per cui si mette in
circolo qualche motivo non certamente favorevole, se non ostile, nei confronti di chi in
quel momento ha bisogno, invece, della solidarietà, della credibilità, del prestigio, non
quello con due o tre “g”, come si può usare in qualche parte d’Italia, ma del prestigio
autentico; giacché, se si deve combattere, bisogna – al di là di ogni efficientismo – che
chi comanda la lotta contro l’avversario possa operare.
Dopo quest’amara riflessione, sembra che il Gen. dalla Chiesa provasse a tirarsi su
di morale, aggiungendo: «E debbo dire che prestigio, non solo personale ma come
Reparti, ne abbiamo raccolto in casa avversaria, perché ogni volta che venivano
arrestati personaggi di un certo rilievo, questi chiedevano sempre: “Ma siete i Ca-
rabinieri di…, solo voi potevate …”. Questo – che non vuole suonare esibizione – è 407
solo per dare testimonianza storica che presso l’avversario chi combatte deve godere
di qualche prestigio. Se tale prestigio non glielo danno coloro che lo pongono sul
piedistallo o sul proscenio o sulla breccia è giusto che – al di là del fumo – lo stesso
prestigio sia conquistato di persona o attraverso i propri uomini».
Questa pacata lamentela, che il Gen. dalla Chiesa sembra archiviare quasi come una
dimenticanza dovuta a superficialità o tuttalpiù a sciatteria, appare in realtà alquanto
rilevante atteso che EGLI sta descrivendo fatti e circostanze avvenuti all’indomani
della strage di via Fani e dell’omicidio dell’On. Moro, periodo in cui rappresentanti
della Magistratura, delle Forze dell’Ordine, della stampa, degli apparati dello Stato
e delle forze sociali venivano falcidiati, con una cadenza impressionante, ad opera
dell’eversione di destra e, soprattutto, di sinistra. Probabilmente il suo innato senso
delle Istituzioni, la sua totale dedizione allo Stato gli impongono di non rappresentare
le reali ragioni di tale comportamento da parte di alcuni attori istituzionali che con
lui dovrebbero cooperare. Tale deduzione trova ulteriore riscontro nella già men-
zionata audizione nel 1998 in Commissione Parlamentare Stragi dell’On. Virginio
Rognoni, nominato ministro dell’Interno subito dopo l’epilogo del sequestro Moro e
sino al 1983, il quale riferisce. «[…] si trattava ad un tempo di rassicurare l’opinione
pubblica e di mettere in qualche modo inquietudine dentro le formazioni brigatiste.
Non solo, ma mi accorgevo che c’era anche una certa, non dico impreparazione, ma
comunque la Polizia di Stato, la Pubblica Sicurezza, mi sembrava fosse, quanto meno
nella rappresentazione che ne aveva la gente, al di sotto del livello di professionalità
dei Carabinieri. Si trattava di guadagnare tempo ed ecco, allora, che l’idea di un
gruppo interforze cominciò a farsi strada».
In prosieguo, il Presidente Pellegrini pone all’ex Ministro dell’Interno la seguente
domanda: «[…] ha mai avuto l’impressione che nel periodo precedente ma anche
durante la sua direzione al Viminale che questo suo impegno non fosse universalmente
condiviso e che vi fossero momenti di caduta di efficacia nell’insieme degli apparati
di sicurezza da poter legittimare l’idea che questi potessero essere volontariamente
voluti?».
L’On. Rognoni risponde:
Non per quanto riguarda la mia gestione. Ricordo che dovevo andare assai di frequente
in Parlamento a difendere la struttura a cui avevamo preposto dalla Chiesa perché vi
erano colleghi in Parlamento che evidentemente riflettevano una certa opinione pub-
blica contraria a questa struttura extra ordinem; ricordo, per esempio, le polemiche
che anche in Parlamento ci furono con il collega Giacomo Mancini: la costituzione di
questa struttura certamente speciale rispondeva più ad esigenze di sicurezza che non a
quelle di garanzia dei cittadini. Naturalmente le garanzie dei cittadini sono un valore
che il Governo e questo Ministro certamente avevano a cuore ma non venivano affatto