Page 407 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Prefetto di Palermo
mafiose, dei privilegi mafiosi certamente pagati dai cittadini non sono altro che i loro
elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla mafia, facciamo dei
suoi dipendenti i nostri alleati».
L’11 agosto 1982, verso le ore 8:30 del mattino, all’ingresso del viale dell’Istituto di
Medicina Legale, tre sicari aspettarono che il Prof. Paolo Giaccone scendesse dalla
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propria autovettura e gli spararono, da distanza ravvicinata, quattro colpi con una
Beretta calibro 92 parabellum.
Il Prof. Giaccone, oltre a essere un prestigioso accademico, era noto anche per i forti
principi morali e deontologici con i quali svolgeva la propria professione. Si scoprirà
poi che il movente del suo omicidio è da ricondursi a un episodio del dicembre del
1981, quando, a seguito di una sparatoria per le vie di Bagheria che causò quattro
morti, tra cui l’innocente pensionato Onofrio Valvola, gli era stata assegnata una
consulenza allo scopo di identificare il killer grazie ai rilievi eseguiti. La perizia 403
dattiloscopica, infatti, permise di collegare un’impronta ritrovata sulla scena del
crimine con Giuseppe Marchese, uno dei sicari della cosca di «Corso dei mille».
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Paolo Giaccone ricevette quindi molte pressioni e minacce affinché modificasse le
conclusioni della propria perizia; fortemente determinato a procedere, grazie al suo
spiccato senso del dovere, rifiutò ogni invito proveniente da ambienti contigui alla
criminalità mafiosa che, pertanto, lo «condannò a morte».
Sulla prima pagina del «Giornale di Sicilia» del 12 agosto 1982, sotto la notizia
dell’omicidio del Prof. Paolo Giaccone, apparve un articolo dal titolo emblematico:
Solitudine di dalla Chiesa. L’autore, Fausto De Luca, parlava di salto all’indietro e fece
riferimento ad alcuni retroscena relativi al fatto che i famosi poteri di coordinamen-
to sarebbero stati negati a seguito di una serie di pressioni da parte di tutti coloro
che si sentivano minacciati da un’azione di contrasto forte e coordinata. Il pezzo si
chiudeva così: «[…] il Generale si sente lontano da Roma senza reali contatti con
la Sicilia. Praticamente solo, all’interno di una società di cui egli ben conosce la
terribile complessità e difficoltà». Il titolo e la conclusione facevano il paio con la
drammatica considerazione che il Prefetto aveva condiviso, pochi giorni prima, con
Giorgio Bocca: «Credo di aver capito la nuova regola del gioco: si uccide il potente
quando avviene questa combinazione fatale, è diventato troppo pericoloso ma si può
uccidere perché è isolato».
29 Paolo Giaccone nasce il 21 marzo 1929 a Palermo. Nella sua città di origine diventa docente
presso la Facoltà di Giurisprudenza in antropologia criminale e, successivamente, ordinario di
medicina legale presso la Facoltà di Medicina dell’Ateneo palermitano. Grazie alle innovative
tecniche da lui messe a punto – che riscuotono un significativo apprezzamento anche dall’Fbi
statunitense – diventa il punto di riferimento della Procura della Repubblica palermitana per
quanto concerne le perizie mediche e gli esami autoptici; infatti, tra le molte consulenze a lui
affidate, il Prof. Giaccone svolge anche gli esami sul Presidente della Regione Piersanti Mattarella,
sul giudice Cesare Terranova e sul Procuratore Gaetano Costa. Alla sua straordinaria figura di
apprezzato docente e professionista, nonché di importante testimone di coraggio nel contrasto
alla criminalità organizzata è intitolato, oggi, il Policlinico Universitario di Palermo nonché una
via nel celebre Parco della Favorita e il 14 giugno 2012 è stato costituito il «Centro Studi Paolo
Giaccone» per onorare la sua memoria e mantenerne vivo il ricordo, di cui Agnese Borsellino è
stata una socia onoraria «speciale».
30 Milly Giaccone, figlia di Paolo, anche lei Medico legale ha recentemente dichiarato, durante
un’intervista rilasciata al quotidiano «la Repubblica» il 10 agosto 1922, di ricordare distinta-
mente che il padre, nel corso di una telefonata ricevuta da un sedicente avvocato poco prima del
suo omicidio, avesse sdegnosamente respinto una richiesta che evidentemente il medico legale
riteneva irricevibile, riattaccando con forza la cornetta del telefono. Ella ha sempre ritenuto che
gli avessero chiesto di «non riconoscere» l’impronta del killer di mafia Giuseppe Marchese, uno
degli autori della strage di Bagheria del 1981, ma lui non si piegò.