Page 402 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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alfonso manzo
anche se alcuni indizi possono portare a supporre che si trattasse di un esponente di
una cosca mafiosa dell’agro palermitano centro-meridionale. Nel rapporto, infatti,
risultava evidente la sproporzione delle informazioni riguardanti i gruppi affaristico-
criminali a Sud e a Est di Palermo rispetto a quelli della Piana dei Colli, dei quali
si sottolineava in maniera generica soltanto il rapporto privilegiato con i corleonesi
e, in particolare, con Riina. Tutto ciò riverberò i suoi effetti anche sui mandati di
cattura emessi, tra i quali si registrava una schiacciante preponderanza dei membri
di famiglie come i Greco, i Marchese, i Prestifilippo, Vernengo, Teresi o Contorno,
mentre l’unico elemento di spicco del Nord della città era Rosario Riccobono, che
peraltro di lì a poco (30 novembre 1982), sarebbe stato vittima di lupara bianca da
parte dello schieramento corleonese .
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Sulle edizioni del 17 luglio 1982, entrambi i principali quotidiani palermitani diedero
398 la notizia che il Prefetto dalla Chiesa, il 10 luglio precedente, era convolato a nozze
con Emmanuela Setti Carraro.
Il 21 luglio, il Prefetto partecipò, unitamente al Ministro dell’Interno, Virginio Ro-
gnoni, al Capo della Polizia, Armando Coronas, e alle Autorità regionali e comunali
alle commemorazioni del Vice Questore Boris Giuliano, assassinato dalla mafia tre
anni prima. Al termine, il Ministro tenne una riunione in Prefettura alla quale presero
parte i Prefetti, i Questori e i Comandanti di Gruppo* della Sicilia occidentale. An-
cora nessun riferimento ai poteri di coordinamento promessi al Prefetto dalla Chiesa.
Il 31 luglio, presenziò al giuramento di 134 Guardie di Pubblica Sicurezza.
7. AGGIORNAMENTO DI SITUAZIONE SULLA MAFIA
Il 3 agosto 1982, in un’intervista rilasciata al giornalista Saverio Lodato de «l’Unità»,
il Generale – come nel titolo viene appellato il Pref. dalla Chiesa – fece un’analisi a
tutto campo del fenomeno mafioso, delle collusioni con la politica e l’imprenditoria,
richiamando tutti gli uomini dello Stato caduti negli anni precedenti per mano ma-
fiosa. In particolare, EGLI evidenziò la rilevanza del rapporto giudiziario congiunto
Carabinieri-Pubblica Sicurezza a carico di Michele Greco + 162, trasmesso il 13
luglio precedente, che si riallacciava all’organigramma delle famiglie mafiose di fine
anni ’60 e mirabilmente illustrato alla Commissione parlamentare antimafia nella
famosa audizione del 4 novembre 1970. Richiamando gli omicidi Mattarella, Costa
e La Torre, il Prefetto ebbe a dichiarare che quegli uomini coraggiosi avevano voluto
avviare un cambiamento radicale della vita politica, giudiziaria e legislativa siciliana,
toccando «interessi consolidati o in fieri» e provocando la reazione di «veri e propri
gruppi di potere locali, sui quali stiamo già intervenendo». Spiegò altresì che egli
non era talmente illuso da pensare di catturare i componenti di uno dei tanti gruppi
di fuoco che in quelle settimane stavano insanguinando la città attraverso i posti di
blocco, «ma la presenza dello Stato deve essere visibile, l’arroganza mafiosa deve
cessare».
In conclusione, introdusse una profezia, che ai lettori sarà sembrato addirittura un
miraggio, e che, invece, si avvererà appena due anni dopo questa intervista: «Il primo
pentito lo abbiamo avuto nel ’70 proprio fra i mafiosi siciliani. Perché dovremmo
escludere che questa struttura possa produrre un gene che finalmente scateni qualcosa
di diverso dalla vendetta o dalla paura?».
23 Tratto da V. Coco, op. cit.
* dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.