Page 401 - Carlo Alberto dalla CHIESA - Soldato, Carabiniere, Prefetto
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Prefetto di Palermo

                Emmanuela Setti Carraro e Carlo
                Alberto dalla Chiesa il giorno del-
                le loro nozze. Foto Archivio Secolo
                XIX













                                                                                                                                397

































                                              Anche il «Giornale di Sicilia» del 30 giugno 1982 offrì ampio spazio all’incontro e
                                              raccontò, con ancor maggior dettaglio, i contenuti del discorso del Pref. dalla Chiesa
                                              che aveva dichiarato di aver forzato la mano al Sindaco Martellucci per trovare una
                                              soluzione all’ormai endemica mancanza di locali ove costituire il Centro, nonostante
                                              diverse proposte avanzate dall’Assessore Insalaco. È a Palermo da soli due mesi, ma
                                              ha ben chiaro da che parte schierarsi tra Martellucci e Insalaco.
                                              Con un linguaggio quanto meno inusuale per un Funzionario dello Stato del suo
                                              rango, il Prefetto arrivò dritto al cuore dei presenti, cercò di arruolarli in quello che
                                              ci piace definire il suo «esercito personale», fatto di giovani, di persone oneste e di
                                              buona volontà.
                                              Il 13 luglio 1982, venne redatto congiuntamente, dalla Squadra Mobile e dal Nucleo
                                              Operativo dei Carabinieri del Gruppo di Palermo un rapporto giudiziario denomi-
                                              nato «Michele Greco + 161», che può considerarsi il punto di partenza di quello
                                              che, qualche anno dopo, sarebbe stato definito il «maxiprocesso». Si trattava della
                                              prima organica ricostruzione delle vicende relative alla seconda guerra di mafia che
                                              si erano svolte fino a quel momento e della struttura e composizione delle «famiglie»
                                              in cui si articolava il potere criminale nella città e nella sua provincia. La principale
                                              fonte utilizzata, le confessioni di un individuo interno alla stessa organizzazione
                                              criminale, contrariamente a quanto sarebbe accaduto negli anni successivi con l’e-
                                              mergere del fenomeno del pentitismo, rimaneva ancora rigorosamente anonima,
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