Page 220 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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Nella pagina a documenti le portò in un palazzo di via XX settembre (probabilmente Palazzo
fianco: Baracchini, sede principale del S.I.M.) e dopo l’attesa consueta per la riprodu-
la lista di alcuni
dei membri della zione, fu riportato in macchina vicino al Vaticano.
‘Squadra P’ di Alla fine di luglio del 1943 Moratti era stato ancora una volta sollecitato dal
Manfredi Talamo ‘Signor Nuvolari’ a trovare altri documenti, probabilmente tabelle aggiuntive
e i loro compiti.
di numeri, ma gli avvenimenti dell’8 settembre fecero saltare l’operazione.
Moratti dichiarò poi che non aveva potuto ricevere i compensi pattuiti,
quantificati in 20.000 Lire iniziali e altri accantonamenti previsti ad ogni opera-
zione: infatti gli erano stati promessi in consegna dopo la fine della guerra. In
realtà questa dichiarazione non convinse per niente chi lo interrogava: il Mo-
ratti, veramente molto nervoso durante l’interrogatorio, aveva dato l’idea di
persona non sincera, che aveva già ricevuto compensi e che soprattutto aveva
lavorato non per amor di patria.
L’interesse attuale per la testimonianza del Moratti prescinde dalle moti-
vazioni per le quali scelse di collaborare con Talamo, ma è interessante per i
dettagli che ha fornito su operazioni di spionaggio importanti in quel periodo
e che convalidano le altre testimonianze sulla ‘Squadra P’.
I commenti finali dell’interrogante italiano riguardarono la facilità con la
quale il Moratti aveva risposto alle domande sul suo lavoro d’informatore ma
sottolinearono anche un certo stato di agitazione che aveva contraddistinto il
colloquio, dimostrando che l’ex cameriere non si sentiva del tutto a suo agio
nel rivelare notizie che, sapeva bene, non avrebbe dovuto fornire; comporta-
mento per il quale temeva una reazione spiacevole nei suoi confronti oltre a
sanzioni varie, aggiunte all’internamento al quale era soggetto, nonostante le
assicurazioni che quanto dichiarato non sarebbe stato utilizzato contro di lui.
Tornando all’interrogatorio del Greffi questi ricordava ancora che, per quan-
to era a sua conoscenza, da sei a otto missioni erano state condotte durante
il periodo di sua assegnazione all’ambasciata inglese in Vaticano. I risultati
conseguiti erano sempre posti all’attenzione di Ciano e probabilmente riferiti
direttamente al Duce. Nonostante questi brillanti successi, come scritto con un
certo orgoglio nel documento inglese del 1945, nessuno riuscì mai a scoprire
che l’ambasciatore stesso, Sir Darcy Osborne, era un agente dell’Intelligence
Service inglese…
Gli obiettivi principali delle operazioni della ‘Squadra’ per quest’ambascia-
ta, erano stati quasi sempre i cifrari. Questi documenti, di rara importanza,
erano consegnati direttamente a Talamo che in questi casi, come detto, aveva
un contatto diretto con l’agente interno al quale consegnava il duplicato delle
chiavi necessarie. Normalmente queste operazioni erano condotte la domenica
mattina, cioè quando maggiore era la sicurezza di non ricevere sgradevoli e pe-
ricolose interruzioni. La situazione divenne più complessa dal maggio del 1943
con l’arrivo di nuovo personale in Ambasciata che decise misure di sicurezza
molto più strette: la penetrazione fu sempre più rischiosa e meno fruttuosa. In
220 Carte segrete dell’IntellIgenCe ItalIana