Page 222 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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realtà già dal 1937 vi era stata una seria presa di coscienza sulla sicurezza nelle
                                   ambasciate da parte del Secret Intelligence Service (S.I.S.) inglese con l’ado-
                                                                                                            29
                 29    NAUK, FO, 850/2,   zione di misure tese a rafforzare l’inviolabilità delle sedi e delle casseforti.  Il
                   Roma, 20 febbraio
                   1937.           lavoro era rischioso, ma fino al 1943, almeno, semplici uscieri e camerieri ave-
                                   vano avuto accesso agli archivi riservati, alle cartelle ‘rosse’ e forse anche, con
                                   una certa facilità, alle combinazioni delle casseforti.
                                      L’abbondante messe di documenti e cifrari e la possibilità di “leggere” te-
                                   legrammi anche inviati da Berna a Londra, ad esempio, fece in modo che per
                                   gli italiani scemasse l’interesse per violare il corriere diplomatico inglese in
                                   partenza da Roma e da Berna.
                                      Dopo l’armistizio, Greffi, attivamente ricercato dai nazisti che ne conosce-
                                   vano la segreta attività a causa sicura di alcune notizie sfuggite ai contatti, si
                                   era nascosto e secondo gli ordini ricevuti dallo stesso Talamo aveva distrutto
                                   tutti i documenti relativi all’operato della ‘Squadra P’. Aveva personalmente
                                   sotterrato i duplicati delle chiavi delle casseforti diplomatiche in possesso del
                                   reparto durante il periodo 1935-1943.
                                      Rimasto poi alla macchia nei pressi di Castiglion del Lago, era riuscito ad
                                   evitare la cattura. Dopo la liberazione di Roma, si era ripresentato al legittimo
                                   S.I.M. ricostituito e al momento delle sue dichiarazioni era di nuovo in forza al
                                   Servizio, Centro C.S. di Roma.
                                      Greffi, nella sua dichiarazione, aggiunse ulteriori elementi  per una migliore
                                   comprensione del lavoro svolto prima dell’armistizio: era convinto che Talamo
                                   avesse degli ottimi contatti con la Gendarmeria pontificia, con facile o addi-
                                   rittura libero accesso in Vaticano. Giova ricordare che, per un periodo, a capo
                                   di quella Polizia vi fu un ex ufficiale dell’Arma, Arcangelo De Mandato, un
                                   veterano di molte missioni all’estero dei Carabinieri. Greffi deduceva questa
                                   circostanza ricordando un episodio: dopo l’inizio della guerra, aveva accom-
                                   pagnato Talamo in Piazza San Pietro, dove una macchina, uscita dall’Arco del-
                                   le Campane, lo aveva prelevato; dopo poco tempo Talamo uscì dal Vaticano
                                   attraverso la Porta di Sant’Anna, un altro degli ingressi per lo Stato, sempre su
                                   una vettura con targa della Santa Sede.
                                      Il maresciallo Francesco Perozzi, uno dei quattro sottufficiali dei quali sono
                                   riportate le dichiarazioni nel documento concernente l’operatività e composi-
                                   zione della ‘Squadra P’,  era transitato nel S.I.M. nel 1931 ed era stato assegna-
                                   to alla squadra di Talamo non appena il particolare, specializzato reparto era
                                   stato ufficializzato nel 1935, rimanendovi fino all’armistizio. Gli era stata asse-
                                   gnata dapprima l’Ambasciata del Terzo Reich e nel 1939 aveva assunto anche
                                   la responsabilità di quella giapponese.  In realtà presso l’Ambasciata tedesca
                                   non vi erano state molte operazioni.  Tra il 1938 e il 1939 egli aveva cercato di
                                   avvicinare l’autista dell’addetto militare von Rintelen, un certo Giovanni Pa-
                                   pini, ma i tentativi non avevano avuto successo perché il possibile contatto si
                                   era rifiutato nettamente di prestarsi a quel tipo di lavoro. Altri probabilmente






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