Page 346 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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Nella pagina a sato a comprendere quali fossero i contatti di Andreoli in Italia, in accordo con
fianco: il maggiore Cavallero, allora capo del controspionaggio del Centro di Milano,
il documento
inglese decise di facilitarne l’ingresso alla frontiera, ordinando che il suo nome fosse
concernente ‘provvisoriamente’ cancellato dal Registro di frontiera dove erano annotati i
Almerigotti, nomi dei sospetti agenti.
l’agente italiano
del S.I.M. Il 29 gennaio 1942 lo svizzero partì per Milano, dove affittò un’auto per esi-
infiltrato nel S.I.S. genze turistiche accompagnato da un amico, un altro agente inglese, per una
britannico. copertura momentanea. Gli fu proposto un autista ‘fidatissimo’ che, infatti, lo
era tanto da essere sul libro paga del controspionaggio italiano. Come nelle
migliori storie di questo genere, il ‘turista’ straniero era però ignaro della par-
ticolare circostanza e non ebbe sospetti.
Gli uomini del Centro di Milano seguirono come ombre l’agente, atten-
dendo con pazienza che fosse contattato. Il che avvenne il 21 febbraio quando
l’Andreoli incontrò un uomo nelle vicinanze dell’Arco della Pace a Milano,
sotto gli occhi attenti del controspionaggio. La sorpresa per il S.I.M. fu grande:
scoprì che quel contatto era un agente dell’O.V.R.A. evidentemente ingaggiato
dagli inglesi o ‘infiltrato’ per conto di quella organizzazione. Se era vera la
seconda ipotesi, il Servizio doveva prendere atto, forse per la prima volta, che
anche quella polizia civile agiva nel campo del controspionaggio senza curarsi
di avvertire chi se ne occupava istituzionalmente.
Il 9 aprile 1942 gli inglesi di Roma organizzarono la consegna del mate-
riale che era intanto pervenuto all’Andreoli. Il Centro di Milano, dopo aver
‘neutralizzato internamente’ l’agente dell’O.V.R.A., inviò a ritirare il pacchetto
dei materiali di sabotaggio l’Almerigotti. L’appuntamento era all’entrata del
Duomo di Milano. Almerigotti si presentò ufficialmente come l’agente inviato
dall’ambasciata inglese a Roma. Andreoli non ebbe sospetti. I due uomini si
avviarono nella navata laterale come per ammirare l’architettura e il pacchetto
passò di mano.
A quel punto, però, l’Andreoli, agente inglese ma svizzero ticinese, poteva
essere anche utile agli italiani che ne decisero l’arresto. Per evitare guai peggio-
ri, costui accettò di collaborare con il S.I.M. Secondo le istruzioni che ricevette,
a Lugano avrebbe avuto contatti con gli elementi del controspionaggio, mentre
a Milano avrebbe trattato direttamente con il maggiore Cavallero. Almerigot-
ti, agente italiano ma anche ‘infiltrato’ inglese, doveva controllare l’Andreoli,
agente inglese e ormai anche italiano, forse non suo malgrado, visto che avreb-
be ricevuto un secondo stipendio.
Compito esclusivo della Centrale di Roma rimanevano invece le direttive,
il coordinamento delle attività, l’analisi delle richieste britanniche, la prepara-
zione e l’inoltro di controinformazioni. In questo modo il S.I.M. sarebbe stato
in grado di avere sempre la situazione sotto controllo: la totalità del materia-
le informativo che l’agente svizzero, obbligato a fare il doppio gioco, poteva
procurare, veniva consegnato a Lugano, incluse le intercettazioni e i messaggi
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