Page 56 - Carte Segrete dell'Intelligence Italiana il S.I.M. in archivi stranieri
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non perder tempo con domande inutili sia per un veloce e concreto aggiorna-
mento della situazione. È evidente che l’utilità dell’interrogatorio dipendeva
anche dall’intelligenza dell’interrogato e dell’interrogante: il metodo da segui-
re differiva pertanto in funzione della personalità e della sensibilità dei due
uomini.
Chi conduceva l’interrogatorio – nell’idea di Tripiccione – doveva avere
istintive doti di penetrazione psichica per comprendere, in poche battute, il
carattere e la natura del prigioniero, la sua disponibilità a parlare; doveva adat-
tare il proprio tratto verso l’interrogato in modo da riuscire ad ottenere il mag-
gior numero di informazioni possibili. A volte vi erano individui che parlava-
no senza difficoltà, mentre altri di forte personalità non proferivano parola.
Notava Tripiccione che non sempre chi interrogava aveva dimestichezza
con l’idioma del soggetto, per cui, molte volte, il rendimento di un interroga-
torio era nelle mani degli interpreti, una categoria che, in quei tempi di guerra,
aveva in mano uno dei mezzi più potenti per la raccolta di notizie sul nemico:
la conoscenza della lingua.
Dunque, l’ideale sarebbe stato che gli interpreti fossero solo degli ufficiali
possibilmente specialisti del Servizio Informazioni ma questo non era facil-
mente realizzabile perché quelli di Stato Maggiore, già inseriti nell’istituzione,
erano assorbiti in altri svariati e molteplici compiti e non potevano essere dedi-
cati ai soli interrogatori. E poi c’era anche l’incognita che la sola conoscenza
della lingua potesse non bastare: appunto come accadde alla Germania che
aveva preparato molti interpreti di russo in previsione del conflitto. Quando
poi avevano dovuto procedere concretamente agli interrogatori, gli addetti si
erano trovati di fronte a prigionieri delle più svariate nazionalità e non tutti
europei.
Quindi, nell’idea di Tripiccione, era meglio servirsi come interpreti di perso-
nale in congedo o di complemento. Comunque dovevano essere tutti ufficiali
per fare affidamento sul loro sentimento del dovere, considerato che un inter-
rogatorio era un incarico di assoluta fiducia.
Tripiccione dedicava molte pagine delle sue dispense al problema degli
interpreti che tra l’altro godevano di una grande autonomia in quanto non
era opportuno che i Capi degli Uffici Informazioni o delle Sezioni del Servizio
intervenissero a dirigerli e sorvegliarli. Si intuisce dalla cura e dalla lunghezza
della trattazione che per lui era questo un problema di grande importanza.
Gli interpreti in alcuni casi potevano essere coadiuvati da speciali elementi-
fiduciari sparsi nei campi di concentramento per completare le notizie raccolte
negli interrogatori: ovviamente i fiduciari dovevano riferire direttamente agli
interpreti che, in ultima analisi, erano gli unici ad avere nelle loro mani il deli-
cato settore.
Per quanto concerneva l’intonazione da dare agli interrogatori era difficile
fissare delle norme tassative; l’importante era che l’interprete comprendesse
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