Page 216 - Conflitti Militari e Popolazioni Civili - Tomo I
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           ciò comportava, tutti problemi invece assenti ricorrendo all’arruolamento coatto per via giu-
           diziaria. tuttavia questo guadagno celava un lato della medaglia che per lo stato si rivelava
           assai poco vantaggioso: le compagnie si riempivano di elementi di dubbia reputazione, spes-
           so dei veri e propri criminali, difficili da disciplinare, oppure di persone finite sotto le armi
           per errore, per un gioco di malevolenze e delazioni di qualche crudele esecutore di polizia.
           Ciò portava a una recrudescenza del fenomeno delle diserzioni o a continue richieste di revi-
           sione e in ogni modo a rendere meno solida la compagine militare. ad accrescere in negativo
           il fenomeno concorrevano gli stessi sudditi, per i quali l’esercito aveva assunto i caratteri
           di un vero e proprio luogo di punizione . E’ possibile credere soltanto che il condannato
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           poteva forse provare maggiore soggezione nei confronti di un ufficiale: “da cui dipendeva la
           propria libertà, e questa è probabilmente una delle spiegazioni - per quanto non la principale
           - per cui il sistema del Discolato sia durato così a lungo” . Perciò per l’istituzione militare
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           i guadagni erano alla fine solo apparenti, poiché questa misura alimentava la diffidenza del-
           la popolazione nei confronti dell’esercito, considerato alla stregua di un carcere. E mentre
           c’erano comunità, o meglio il loro ceto dirigente, che potevano guardare con soddisfazione
           a questo economico mezzo per spurgare periodicamente la società, ce n’erano altre – soprat-
           tutto nelle maggiori città, sedi di guarnigione – che non accoglievano favorevolmente questo
           tipo di soldati. erano questi gli anni in cui si radicalizzava la convinzione del granduca sulla
           necessità di ridurre la forza armata, cambiare l’assetto stesso dell’esercito e la sua colloca-
           zione nella società, anche perché la Toscana secondo le parole di Pietro Leopoldo:“…non
           avendo una quantità superflua di braccia inutili, non v’è da reclutarle per tenere in piedi un
           esercito  numeroso” .  Da  questo  contesto  scaturì  l’affermazione  ottocentesca   che  nella
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           mite Toscana erano più numerosi i poliziotti dei soldati e sebbene ciò non corrispondesse pie-
           namente alla realtà, la condizione di emarginazione nel quale si trovava l’esercito non poteva
           che provocare il decadimento dell’efficienza. Con un’eloquente nota diretta al granduca, il
           ministro Gianni riferiva alla metà degli anni Ottanta sullo stato in cui versava il Militare: “le
           truppe danno al popolo impressione di tetro spavento” e soprattutto erano divenute “oziose
           per mancanza di nemici”, infine approfittando della loro funzione avevano “…incominciato
           a conoscere che la sicurezza dipende da loro” e che “il Principe le comanda con autorità, ma
           senza forza da costringerle ad obbedire” .
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              Il diffuso rilassamento morale, il rapido attecchire di svariate forme di indisciplina, ali-
           mentavano i dubbi sulla funzionalità della macchina militare non solo per i compiti istitu-


           17   aSFi, Segreteria del Buongoverno, 1784-1808; f.217, 9 dicembre 1798. “I coniugi Antonio e Anna Lucchetti
               di Firenze, hanno fatto istanza perché Lorenzo loro figlio, giovin scapolo, venga in qualità di Discolo sotto-
               posto alla disciplina militare. Questo giovine non si è mai voluto adattare a verun stabile mestiere, essendosi
               in quella vece dissipato nel gioco, nelle pratiche cattive e quantunque sia stato replicatamente avvertito a
               mutar consenso, non si è disposto a mutar contegno…” Assieme a questa lettera ve ne sono altre tre di tenore
               simile; il 19 febbraio 1799 la Segreteria di Guerra approva la coscrizione dei quattro giovani, come deciso
               da S.A.R.
           18   N. Labanca, Le Panoplie del Granduca, in: Ricerche Storiche, maggio-giugno 1995; pag. 340:
           19   Pietro leopoldo in: a. Salvestrini, Relazioni sul governo della Toscana, pag. 369, cit.da N. Labanca, op. cit.
               pag. 296.
           20   Cfr. Idem, pag. 298 e sg.
           21   idem.
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