Page 38 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
P. 38
le esplosioni imperiali si indirizzavano a limitate sezioni di pubblico, vecchi nazio-
nalisti o giovani facili da accendere, mentre le tirate sociali erano solo boccate d'aria
per superstiti frange del fascismo «rivoluzionario» e «movimentista» che si sentiva
abbandonato nella grande bonaccia fra Regime e forze tradizionali della società. Ac-
cadrà così che a partire dal1935-36 il ritmo improvvisamente «mosso» di una politi-
ca estera avventurosa e l'inatteso pullulare di aspetti fastidiosi e sgraditi (campagna
anti-borghese, «voi», persecuzione razziale) coglieranno di sorpresa la borghesia al-
ta, media e altresì parte della piccola. La fisionomia del fascismo «maturo» ma anco-
ra tranquillo nonostante la crisi americana, è quella definita da De Felice come «il
momento di maggior consenso e della maggior solidità per il Regime fascista e in
sostanza anche per Mussolini». Invece nel1936-40, se non mancarono punte di pre-
stigio mussoliniano (impero e Monaco), si trattò di «periodi brevi nei quali l'adesio-
ne ( ... ) fu assai rumorosa ma, a ben vedere, meno plebiscitaria .e soprattutto venata
di preoccupazioni per il futuro e specialmente di un bisogno di riprendere fiato e
di tirare i remi in ban:a che rivelavano l'affiorare, nell'ambito del consenso, di posi-
zioni e soprattutto di stati d'animo più sfumati e meno disposti ad un'accettazione
carismatica della politica del Regime nel suo complesso» (13). L'analisi è valida per
la grande maggioranza degli italiani e quindi anche per la classe economica. Consi-
derando in particolare quest'ultima, è tuttavia probabile che l'impresa etiopica,
quella spagnola e la stessa alleanza con la Germania, quanto meno fino all'aggravarsi
della crisi polacca, pur preoccupando per i ritmi e per i modi, non abbiano presenta-
to accenti troppo stridenti con l'assetto preesistente (14). Quanto all'Etiopia, tra le
poche testimonianze disponibili quella di A. Pirelli, benchè interessante, è circo-
scritta dalla già rilevata prevalenza dell'aspetto politico-diplomatico (vds. sopra nota
14). Certo si tratta di un'impressione dovuta all'inesistenza (o mancata pubblicazio-
ne) nei Taccuini di note fra il3 agosto e il30 settembre 1935 (15), cioè nel periodo
in cui il timore di uno scontro con la Gran Bretagnl! fu più acceso, provocando fra
l'altro la conosciuta presa di distanza di Badoglio. E quasi certo però che anche i
vertici economici, pur con i dubbi e le oscillazioni che investivano molti italiani,
compresi alcuni alti gerarchi (es. Ciano), abbiano finito per apprezzare la «vendetta
di Adua», la nostra piccola «Alsazia Lorena» (16). E così lungo il triennio seguente
il carattere sussultorio della politica mussoliniana - che alternava «saturnali nazifa-
scisti» (Salvatorelli e Mira), accordi con la Gran Bretagna e apparenze di riappacifi-
cazione europea sul ricordato sfondo degli eccessi staraciani e della persecuzione an-
tisemita - fu tale da non togliere l'illusione che il tiranno, grande· tempista, avesse
conservato la capacità di tirarsi indietro· all'ultimo momento. Estrema conferma di
questa spericolata abilità sembrò la «non belligeranza» dell'autunno 1939. Che gli
interessi industriali non richiedessero certi rischi, non significa però che questi mi-
rassero a risultati estranei, non voluti. Nel sottofondo sia la vera e propria classe
economica sia larghi settori della minore borghesia erano ancorati a valori nazionali-
stici e a filosofia del successo.
(13) R. De Felice Mussolini il duce. Gli anni del consenso 1929-1916 Torino Einaudi 1974 pp. 54-55;
(14) Sulla crisi di Corfù non conosco reazioni di uomini economici. lA: annotazioni di A. Pirelli Tac-
cuini 1922-1941 (Bologna D Mulino 1984 pp. 51-60) hanno carattere esclusivamente diplomatico.
(15) lvi pp. 125-126.
(16) Sergio Romano Diplomazia nuio1111le e Jiplomuia fascista: continuità e rottura in «Affari Esteri»
64/1984 pp. 445-454.
36

