Page 41 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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cospicui guadagni delle commesse militari nonché i risparmi dovuti alla liberazione
da molte redevances per brevetti e privative tecnologiche èstere, avevano facilitato
l'estromissione del capitale straniero da varie industrie. Del resto, la stessa cessazio-
ne o indebolimento dei diritti di privativa avevano stimolato la convenienza a farsi
«rilevare» per molti titolari esteri di partecipazioni in società italiane. · .
Venendo ora al 1939-1940 si direbbe, invece, che la nostra grande industria
avesse buoni motivi per non desiderare una partecipazione italiana alla guerra in
corso. Alcune di queste ragioni non sono che· il rovescio di quelle che stavano alla
base dell'opposta tendenza nel 1914-1915.
Lungo il ventennio l'industria era ormai divenuta quasi completamente nazio-
nale come capitali se non sempre come tecnologie. Essa anzi aveva sviluppato non
trascurabili propaggiill multinazionali. Le più note sono quelle della Pirelli, dell'Oli-
vetti e della FIAT legate da vicino a forniture di guerra. Ma forse le multinazionali
più importanti riguardavano altri settori non direttamente bellici e tuttavia signifi-
cativi sia per entità sia per la spinta a guardare oltre i confini: si pensi ad esempio
alla F.lli Branca o alla Martini & Rossi.
L'«italianizzazione»·del capitale industriale, molto cresciuta- come si è visto
- nel1915-1918, era in realtà incominciata ancor prima e fu quasi completata du-
rante il ventennio.
Per il periodo precedente la grande guerra, si può ricordare lo strangolamento
notato da Nitti (25) dei Cantieri Pattison e Guppy di Napoli e poi di altri gruppi
estranei al cartello siderurgico nazionale del 1903. Furono in parte severe diete a
base di mancate o ridotte commesse a provocare la già ricordata comparsa, talora
effimera e talora più duratura, di società italiane a partecipazione estera per capitali
e tecnologie. Così, e restando nel campo della marineria da guerra: Vickers-Terni
e Ansaldo-Amstrong. Nel ventennio può considerarsi esemplare la vicenda che nel
1928 portò alla fine della SAICM di Marina di Pisa, copertura italiana con cui la ·
Dornier tedesca, rilevati i vecchi 'Cantieri Gallinari, sviluppava una ~produzione ae-
ronautic!l che il Trattato di Versailles le avrebbe impedito in patria. La bontà di alcu-
ni aerei prodotti disturbava la concorrenza nazionale che riuscl ad eliminare la
SAI CM, avvalendosi delle leggi contrarie all'industria con mano d'opera prevalente-
mente straniera. Inghiottita dalla FIAT come CMASA (26) diverrà famosa per aver
prodotto forse il peggior monoplano da caccia della seconda guerra mondiale, il
«FIAT G. 50» (27).
L'industria italiana, ormai del tutto nazionale, realizzava interessanti profitti e
notevoli risparmi di spesa. I tratti salienti di questa situazione possono cosl rias-
sumersi. ·
a - Sfruttamento del mercato interno fortemente protetto. Tralasciando il genera-
le rafforzarsi delle barriere protezionistiche in Italia come altrove dopo il 1929 e
(25) Riferimenti in Fabrizio Battistelli Armi: un nuouo modello di suiluppo? Milano, Einaudi 1982
pp. 27-28. . .
(26) Informazioni dell'amico prof. Andrea Curami. Accenni in V. Castronovo Grandi e piccoli ecc. cit.
p. 191.
(27) Rinvio ai miei: L'evoluzione dei materiali bellici in Italia 1918- 1940 in E. Di Nolfo, R.H. Rainero,
B. VJgeZZi (curatori) ci:Italia e la politica di potenza in Europa. Milano Marzorati 1986 (pp.
343-390, v. pp. 368-379) e recensione a Giuseppe Gabrielli Una vita per l'aviazione. Ricordi di
un costruttoW! di aeroplani Milano Bompiani 1982 in cii Risorgimento» (Milano) 2/1983 pp.
192-193.
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