Page 39 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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Tornando al caso di Alberto Pirelli, importante perché uno dei pochissimi (co-
          me Conti) dotato di tracce scritte, le opinioni private (Taccuini)  e le manifestazioni
         pubbliche (il libro Economia e Guerra  del giugno  1940)  se pos~ono -  rispettiva-
          mente - esprimere e prudentemente adombrare preoccupazioni e dissensi su singo-
         li aspetti, attestano concordanza quanto a obiettivi di fondo.  In queste rispondenze
          si riflettono la sostanziale continuità della politica estera italiana prefascista e fasci-
          sta, ma anche la diversità dei modi esecutivi nonché la sconvolgente ampiezza delle
          «occasioni» che alla seconda parvero aprirsi. Del resto, la distanza fra remore private
         e adesioni pubbliche dovette essere meno forte di quel che venne fatto trasparire
          poi, come è attestato ad esempio dalla corrispondenza recentemente pubblicata di
          Giovanni Pirelli, almeno per il periodo dall'autunno  1939 all'estate  1940 (17).  L'e-
          saurirsi della carica «liberale» del  Risorgimento  ne lasciava sopravvivere il-fondo
          sciovinistico alimentato dai fermenti successivi. Se, come vedremo, gli assetti d'in-
          teressi  non incoraggiavano  una politica aggressiva,  come invece era avvenuto  nel
          1915,  sussisteva però una sorta di possibilismo «miracolistico» nutrito alla lontana
         dalla_ memoria storica della fase  risorgimentale fortunata e rapida (1859-61  ma an-
         che, con minor smalto,  1866 e  1870), dalla vaga aspettazione di epiloghi fortunati
          come quello etiopico e da una persistente, istintiva sospensione di giudizio: «forse
          l'ha indovinata ancora una volta ... ». A ciò si deve l'ultimo bagliore di prestigio mus-
          soliniano fra giugno e settembre 1940. In certo modo, l'apparente successo tedesco
          e il callido, disperato tentativo di approfittamento del «duce», impedirono di verifi-
          care subito quanto fosse ormai illusoria ogni possibilità di facili ritiri della implicita
          «delega» accordata all'uomo nel  1922 e poi confermata e amplificata nel1925-26.
          L'illusione di poter facilmente condizionare e ridimensionare il tiranno è in qualche
          modo parente dell'altra, coltivata da Mussolini stesso, di poter sempre cambiare rot-
          ta  (18).  Credenze probabilmente sopravvissute fino  all'imprevista vittoria tedesca
          sulla Francia.



         Assetti di interessi

              Alla  disamina  anche  sommaria  dei  grandi  interessi  industriali  rispetto  alla
          guerra del1939-40 giova un fugace raffronto con la situazione che precedette il pri-
          mo conflitto mondiale.
              Nel 1914-1915 la nascente grande industria italiana non mancava di motivi, più
          o meno percepiti, per vedere di buon occhio l'intervento nel conflitto in corso. Essi
          possono raggrupparsi in tre nuclei tutti attinenti la sperata liberazione da dipenden-
          ze estere. Riprova dunque che il nazionalismo industriale non era privo di radici eco-
          nomiche.
              Anzitutto, dunque, l'espansione coloniale, obiettivo più importante delle pas-
          sioni irredentistiche, avrebbe dovuto assicurare al Paese le materie prime.  Non riper-
          corriamo dettagliatamente la vicenda di alcune industrie nascenti (come l~nsaldo)
          costrette a destreggiarsi tra cartello estero e nazionale dell'acciaio, donde la perdu-


          (17)  Giovanni Pirelli Un modo che crolla.  Letlerf! 1938-1943 a cura di Nicola Tranfaglia, Milano, Ar-
             chinto  1990 specie pp.  63-79 e  16-19.
          (18)  Per questo aspetto soprattutto Arianna Arisi Rota La diplomazia del ventennio. Storia di una politi-
             ca  estera  Milano,  Xenia pp.  144  e  sgg.

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