Page 67 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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quale motivo non si siano usate le medesime maestranze, macchine utensili, materie
prime ed energia per produrre un pari numero di Mitsubishi «Zero» (29), pure a
motore radiale, o di «Messerschmitt Bf.109» o «Spitfire», questi ultimi a motore in
linea.
Presso ogni belligerante proliferano i progetti infelici, con un non trascurabile
spreco di energie (30), ed alcune formule, quale ad esempio quella caccia da com-
battimento bimotore, presentarono difficoltà insormontabili non solo per i tecnici
italiani (31), tuttavia rimane il fatto che con motivazioni che poco o nulla hanno
di tecnico lo Stato Maggiore della Règia Aeronautica, tra i prototipi da caccia, scelse
quelli che né soddisfacevano criteri di più facile riproducibilità, né presentavano le
migliori caratteristiche di volo (32).
n cercare una sriegazione logica a questi eventi porterebbe a trascurare l'im-
portanza politica de «fronte interno» e la funzione sociale svolta dalle commesse
belijChe. ~on a caso, in occasione delle ripetute commesse per i «CR 42» e i «G.50»
i verbali delle riunioni del Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica citano
spiegazioni quali «le commesse in corso non risultano sufficienti ad assorbire la ca-
pacità produttiva», «tenuto conto delle necessità della linea di lavoro FIAT» e «ne-
cessità industriali» (33). A ben vedere neppure il «Ministry of Air Production» in-
glese riuscl a imporre che la Short abbandonasse l'infelice bombardiere «Stirling»
a favore del «l...ancaster» e nessuna ditta anche iri Gran Bretagna riuscl ad entrare
con i propri progetti, seppur validi, in una specialità aeronautica che non le era pro-
pria per tradizione. Non diversamente avvenne negli USA dove industrie quali la
Beli e la Curtiss alimentarono con le loro costruzioni, non di interesse delle forze
aeree americane, principalmente le linee di volo delle· nazioni alleate.
Ritornando al fepomeno italiano, da un lato notiamo che la «Direzione supe-
riore del Servizio tecnico armi e munizioni» riuscl nel1939 a suddividere la produ-
zione delle nuove artiglierie tra i vari arsenali di costruzione (Ansaldo Genova e
Pozzuoli, Oto, Breda, Cogne ed arsenale di Piacenza) sfruttando anche industrie
meccaniche, quali le Reggiane, sottoutilizzate dai programmi aeronautici. Tale sfor-
zo di organizzazione non diede poi risultati tangibili, in quanto le commesse venne-
ro via via ridotte e le linee di costruzione realizzate si tramutarono, alla prova dei
fatti, in un forte investimento improduttivo. La Regia Aeronautica non riuscl, inve-
ce, a realizzare una simile organizzazione. Solo per alcuni velivoli, citiamo i caccia
«Macchi» ed alcuni progetti fra i più vecchi della Siai, si riuscl a coinvolgere azien-
de appartenenti a gruppi industriali diversi, non sfruttando cosl il potenziale indu-
striale della FIAT, che continuò a produrre i suoi velivoli ormai obsoleti.
(29) n velivolo giapponese risultò superiore ai caccia americani fino al1942 inoltrato nella campagna
· del Pacifico.
(30) Fra gli esempi di velivoli statunitensi meno riusciti costruiti in serie, ricordiamo, a caso, il «Brew-
ster Buffalo» (360 esemplari costruiti), i «Beli P.39» e cP.63» (circa 10.000 aeroplani prodotti),
il «Curtiss P.40» (10.996 esemplari) e il bimotore cDouglas A.20» (1076 aeroJ)lani). La maggio-
ranza di questi velivoli venne ceduta alla Gran Bretagna e alla Russia. Non da meno furono gli
inglesi, ad esempio, con il Boulton Paul Defiant (1.064 aeroplani costruiti e operativi da maggio
a luglio 1940).
(31) AI vituperato cBreda 88», costruito in 148 esemplari, gli inglesi, ad esempio, possono rispondere
con lo c~dand Whirlwind», realizzato in 112 esemplari.
(32) Alludiamo ai due velivoli monoplani cF.5» e cRe.2000», presentati dal gruppo Caproni.
(33) Ricordiamo, a solo titolo di esempio, i verbali del 27 marzo 1941 e del 24 giugno 1941 in
A.U.S.S.M.A., Verbali riunioni dei Generali di SA, cit.
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