Page 62 - L'Italia in Guerra. Il primo anno 1940 - Cinquant'anni dopo l'entrata dell'Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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hilità di personale specializzato da destinare alla produzione, al suo controllo e alla
             sua organizzazione (17). E a tale lacuna si deve soprattutto se a progetti, invero mo-
             desti, risultarono armamenti ancor peggiori, quale è, ad esempio, il caso degli obici
             da 149/12 costruiti dall~nsaldo fin da prima della guerra su progetto Krupp, un lot-
             to dei quali risultò addirittura con la rigatura sbagliata nel passo e nel verso  (18).
                  Tuttavia,  tralasciando alcuni documentati esempi di frode,  riteniamo che l'i-
             gnoranza e la disorganizzazione industriale influirono ben più dell'avidità del pa-
             dronato.  Ci sostiene in questo ragionamento la certezza dell'indilazionabile prova
             sul campo di battaglia e, quindi, che tutte le magagne realizzative sarebbero inevita-
             bilmente apparse prima o poi, oltretutto amplificate nella loro gravità della situazio-
             ne del momento.
                  D'altronde è oppOI:'tuno  ricordare che fenomeni  analoghi  avvennero  tanto in
             Gran Bretagna, quanto in Francia, anche se  non assunsero la dimensione italiana,
             e  riteniamo che il  fatto  possa  ricondursi  solo  alla  maggior  esperienza industriale
             estera, che poteva contare su di una manodopera che già da almeno due generazioni
             stava acquisendo una mentalità e una preparazione idonea alle necessità dell'indu-
             stria meccanica in generale e bellica in particolare.
                  Questo fatto ci conduce ad  un secondo  ragionamento.
                  Pensiamo sia lecito utilizzare come indicatori statistici della industria bellica
             italiana durante il secondo conflitto le produzioni di mezzi da combattimento e di
             velivoli militari, in quanto le altre costruzioni belliche risultarono al confronto limi-
             tate,  a causa dei maggiori tempi di realizzazione (19),  o furono  riavviate dopo un
             lungo periodo di stasi,  come per le  artiglierie.
                  In via d'ipotesi si può non escludere il fatto che la scarsezza di materie prime
             abbia condizionato i volumi di produzione, ma i rilievi del generale Sarracino sulla
             qualità  delle  costruzioni  di  veicoli  da  combattimento  presso  lo  stabilimento
             Ansaldo-Fossati  nulla  hanno  a  che  vedere  con  la  mancanza  di  correttivi  per
             l'acciaio.
                  Dall'esame della corazzatura di alcuni carri medi italiani messi fuori combatti-
             mento in Libia,  il valente professore di metallurgia concludeva:
                  È mia convinzione che le piastre di corazzatura (sia frontali che laterali) siano an-
             cora un po' troppo rigide perché sottoposte ad un trattamento termico energico, che,  ele-
             vandone  le caratteristiche di durezza,  ne ha abbassato  il valore di fragilità  (20).


             (17)  Alla costruzione 9ei 422 MAS ordinati furono preposti oltre ai Cantieri Svan di Venezia e Eleo
                 di Bayonne USA, anche gli Orlando di Livorno, gli Svan di Piacenza e La Spezia, Ducrot di Pa-
                 lermo, Maccia-Marchini di Carate Lario (Co), Picchietti di Limite d'Arno, Gallinari di Livorno,
                 Piaggio di Sestri Ponente (Ge),  Foggi &  Agretti di Livorno,  Baglietto di Varazze e Pattison di
                , Napoli oltre a piccoli cantieri dd napoletano, cfr.  Erminio Bagnasco, I MAS e le motosiluranti
                 #aliane  1906-1968;  Roma,  Ufficio Storico della Marina Militare,  1969, passim.
             (18)  Ùlciano Segreto, «Armi e munizioni. Lo sforzo bellico tra speculazione e progresso bellico», Ita-
                 litJ  contemporanea,  n.  146/147, giugno n.  146/147,  giugno  1982,  pp.  35-66,  p.  48.   ·
             (19)  Per quanto riguarda le unità navali di superficie furono impostati furante il conflitto solo  12 in-
                 crociatori leggeri della classe «Capitani romani», tre soli dei quali entrarono in servizio e quattro
                 furono demoliti sugli scali già nell'inverno 1941-42, sette cacciatorpediniere della classe «Solda-
                 ti», due dei quali non completati e 16 torpediniere di scorta tipo «Ciclone», una delle quali non
                 ultimata.
             (20)  Archivio Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito (d'ora in poi A.U.S.S.M.E.), h.1, f.6, Missione
                 Stam dell'aprile 1941.  Relazione. Il documento è stato pubblicato integralmente in L.  Ceva-A.  Cu-
                 rami;  La meccanizzazione ... , cit.;  Roma,  U.S.S.M.E.,  1989, vol.  II, doc.  n.  51.

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