Page 199 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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                    Questo documento non rappresenta, comunque, il punto di vista di
               tutta l'amministrazione Roosevelt, al cui interno, come si è detto, emerse-
               ro invece pareri diversi sull'opportunità di trattare l'Italia alla stregua della
               Germania e del Giappone: i militari si  mostrarono in generale favorevoli
               all'applicazione senza eccezioni del principio della resa incondizionata, men-
               tre  il  Dipartimento  di  Stato  era  più  propenso  a  !asciarla  fuori.
                    A Casablanca, Roosevelt e Churchill furono in un primo tempo d' ac-
               cordo  nella  scelta  di  enunciare l'adozione  del  principio  della  resa  senza
               condizioni, limitatamente però alla  Germania e al  Giappone,  "per inco-
               raggiare  [in  Italia}  una  frattura"  all'interno  delle  classi  dirigenti.  I  due
               leaders  erano  infatti  consapevoli che,  data la  debolezza  dell'opposizione
               antifascista, gli unici in grado di poter fare uscire l'Italia dal conflitto era-
               no la monarchia, che poteva contare sulla lealtà delle Forze Armate, o al-
               cuni esponenti del fascismo.  Ma il gabinetto di guerra britannico, inter-
               pellato da  Churchill,  si  oppose nettamente all'esclusione dell'Italia soste-
               nendo che sarebbe stato "uno sbaglio ... fare una distinzione tra i tre part-
               ners  dell'Asse".m Il  principio della  resa  incondizionata non apparve nel
               comunicato finale congiunto sulla conferenza, ma fu  comunque reso pub-
               blico da Roosevelt nella conferenza stampa alla conclusione degli incontri.
                    La  scelta  del  presidente  americano  è stata  più volte  spiegata  come
               una risposta alle difficoltà della alleanza tra le tre grandi Potenze. In quel
               momento era vivo il timore,  non privo di fondamento,  che l'Unione So-
               vietica  cercasse  di  raggiungere  una pace separata con la  Germania,  e la
               formula doveva rassicurarla sulle intenzioni degli alleati occidentali di prose-
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               guire fino  in fondo la guerra.< > Inoltre, fin  dal suo ingresso nel conflitto,

               (7)  Si  veda l'estratto delle conclusioni della riunione del gabinetto di guerra del 20 gen-
                  naio  1943 in PREM 3/197/2, PRO, Londra; sulla questione dell'adozione della  resa
                  incondizionata  e  le  sue  conseguenze  vi  è un'ampia  letteratura,  ma  per lo  più si  è
                  concentrata: si veda A.  Armstrong, Unconditional Surrender. The lmpact of the Casablan-
                  ca  Policy  upon  World War Il,  Rutgers University Press,  New Brunswick, New Jersey;
                  P.  Kecskemeti, Strategie Surrender, The politics of Victory  and Defeat, New York,  1964;
                  A. E.  Campbell, "Franklin Roosevelt and Unconditional Surrender"  in Diplomacy and
                  Intelligence during the Second World War,  essays in honour of F.  H. Hinsley, Cambridge
                  Univ. Press, Cambridge,  1985; R. G. O'Connor, Diplomacy for  Victory: FDR and Un-
                  conditional  Surrender,  New York,  1971;  N.S.  Lebedeva,  Bezogovorocnaja  Kapituljatzja
                  agressorov  (La  resa  incondizionata  degli  aggressori),  Moskva  Nauka,  Mosca,  1898;
                  E.  Aga  Rossi,  Una  nazione allo sbando ...  cit.,  p.  29  e  sg.
               (8)  Dopo  il  crollo  del  regime  sovietico,  nuova  documentazione  si  è aggiunta  a  quella
                  esistente sui  sondaggi  dell'URSS  per  raggiungere  una pace separata con la  Germa-
                  nia. Per quanto  riguarda la  fine  del  1942 si  vedano  le  rivelazioni  fatte  allo  storico
                  russo L. Bezymensky da Vladimir Semenov, che durante la guerra aveva servito pres-
                  so l'ambasciata sovietica in Svezia: L.  Bezymensky,  "Sekrety Vladimira Semenova",
                  in Novoe vremya,  5,  1993, p. 62-64. Sulla questione si veda anche il mio volume Una
                  nazione  allo  sbando,  cit.,  p.  32-33.









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