Page 203 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               resa incondizionata dei due governi alleati.  Nell'interpretazione america-
               na  non  ci  sarebbe stato alcun  negoziato,  ma la  nazione  nemica  avrebbe
               dovuto dichiararsi sconfitta e "pronta a sottoporsi senza discutere a qua-
               lunque condizione, militare, politica, economica e territoriale che potesse
               essere imposta dal vincitore".  (13)  Gli americani accusarono i britannici di
               voler  "negoziare"  un armistizio  con  un governo  che  sarebbe  rimasto  in
               carica, e non imporre una resa totale; lo stesso Roosevelt si  mostrò "scon-
                                                                                  4
               certato"  per l'uso della parola "armistizio", invece di  "termini di resa".0 >
                   In una lunga nota del 12 luglio il ministro degli esteri inglese, Antho-
               ny  Eden,  riassumeva  le  divergenze  tra  britannici e  americani  "a) per la
               resa  incondizionata dell'Italia e b)  sull'amministrazione da insediare nel
               paese dopo la resa·:. Sulla prima questione il punto fondamentale di con-
               trasto era che gli  americani ritengono impossibile firmare gli  'articoli di
               resa' della nostra bozza quale che sia il governo italiano in carica e pensa-
               no  che  il  Re  o  il  Capo  del  governo  o  il  Comandante  Supremo  italiano,
               preferibilmente tutti e tre, dovrebbero essere costretti a firmare un'ampia
               accettazione della resa incondizionata, di cui un punto essenziale dovreb-
               be essere l'abdicazione del Re,  la sparizione del Capo del governo imme-
               diatamente  dopo  e  il  trasferimento  di  tutti  i  poteri  agli  alleati.< 15 >

                   Sulla seconda il contrasto riguardava i poteri del Comandante in Capo,
               che secondo gli  americani,  avrebbe potuto decidere sulla  resa e imporre
               un'amministrazione militare alleata mentre per i britannici una decisione
               del genere doveva essere deferita ai governi,  così come l'estensione o me-
               no  del governo  militare a  tutto  il  paese. Eden  esprimeva la  convinzione
               che la  firma  di  "articoli di  resa"  avrebbe  impegnato  il governo  italiano
               e l'esistenza di una autorità centrale avrebbe sgravato gli alleati "dal peso
                                                                           6
               dell'amministrazione e del mantenimento dell'ordine in Italia", 0 > che al-
               trimenti  avrebbero  imposto  un  eccessivo  dispendio  di  risorse.


               (13)  La  più  chiara  formulazione  del  punto  di  vista  americano  si  trova  nella  bozza  di
                   resa  preparata  per la  resa  tedesca,  e approvata  dagli  Stati  Maggiori  americani  e
                   da Roosevelt nel gennaio 1944, da cui è ripresa la citazione nel testo. Il documento
                   è pubblicato in W . Kimball,  Churchill and Roosevelt,  The  Complete  Correspondence,  v.
                   II,  Princeton  1984,  p.  767  sg. Sulla  posizione  americana  si  veda  P.  Kecskemeti,
                   Strategie  Surrender,  cit.,  p.  236.
               (14)  Dispaccio di G.Jebb (a nome del segretario di stato) al visconte Halifax, ambascia·
                   core britannico a Washington,  19 giugno  1943, in FO 371/35319, PRO, London.
               (15)  Pubblicata  in  E.  Aga  Rossi,  L'inganno  reciproco  ... , cit.,  p.  142  e  sg.
               (16)  Ibid.,  p.  144.









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