Page 29 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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LA  FINE  DELLE  OPERAZIONI  IN  NORD  AFRICA,                     29

                   Una delle principali cause del fallimento  fu  la  mancanza di unicità
               di  comando  e  i  disaccordi  fra  Rommel  e von  Arnim.
                   Dopo il fallimento dei vari sforzi offensivi le forze dell'Asse in Tuni-
               sia assunsero essenzialmente un atteggiamento difensivo su tutto il fronte.
                   Sotto la pressione avversaria la  l  a  Armata italiana dovette abbando-
               nare, in successione, la linea del Mareth e poi quella degli Chotts-Akarit,
               per attuare poi  un  ripiegamento  fino  alla  zona  di  Enfidaville,  mentre il
               fronte  nord della  5 a  Armata tedesca  cedeva  terreno  alla  pressione  degli
               Alleati,  che  si  sviluppava lungo  le  due  direttrici  di  Biserta  e  di  Tunisi.
                   Il  7  maggio  forze  avversarie  penetrarono a  Tunisi scindendo la  5 a
               dalla  l a, così che la  l a  Armata si trovò a combattere attorno a Enfidaville
               contro  un  nemico  che  premeva  da  sud e  da  nord.
                   L' 11 maggio la 5 a  Armata, con il Comando Gruppo di Armate si ar-
               rese e due giorni dopo, il13, anche la  l a  Armata cessava il combattimento.

                   Si concludeva in questo modo il ciclo di operazioni itala-tedesche in
               Africa  settentrionale  e  si  aprivano  le  porte  per l'attacco  all'Europa.
                    La  decisione di fare  rientro in Europa attraverso la  Sicilia era stata
               presa già nel gennaio del  1943 a Casablanca, dopo non poche discussioni
               in seno agli Alleati per le  divergenze politiche e strategiche fra britannici
               ed americani.

                    Scopo  dell'occupazione era  quello  di  rendere  più sicura la  linea  di
               comunicazioni attraverso  il  Mediterraneo,  di allentare la  pressione tede-
               sca  sul  fronte  russo,  e  di  intensificare la  pressione  sull'Italia.
                    La pianificazione dello sbarco iniziò quasi subito, ma il piano defini-
               tivo  venne  approvato  ai  primi  di  maggio  e  prevedeva  due  sole  zone  di
               sbarco,  a  sinistra,  tra Gela  e Licata  la  7 a  Armata americana  e  a  destra,
               fra  Cassi bile  e  Pachino  dell'8 a  Armata  britannica.

                    L'attacco anfibio sarebbe stato condotto simultaneamente da otto di-
               visioni e gli alleati, memori della forte resistenza e combattività che italia-
               ni e tedeschi avevano dimostrato durante la  campagna di Tunisia, erano
               preparati  ad  affrontare  una  forte  reazione  nemica  in  Sicilia.
                    Lo  sbarco non sorprese le  unità italiane e quelle tedesche,  che lo  at-
               tendevano  proprio  entro la  prima decade  di  luglio,  e  non  più tardi  del
               giorno  10,  nella considerazione che gli  anglo-americani avrebbero scelto
               una  notte  senza  luna  per l'avvicinamento  alla  costa.  Così  che,  anche  se
               in talune località modeste,  perché modeste erano le  forze,  vi  furono  rea-
               zioni  agli  sbarchi,  immediate  ed  a  tutti  i  livelli  di  comando.









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