Page 379 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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               parte si  fosse  compreso meglio che i britannici non miravano a sostenere
               la monarchia ma solo ad utilizzarla, dall'altra si fosse stati più consapevoli
               che il pericolo comunista non offuscava i rancori derivanti dal passato" .< 88 >
               Già  nel  1950  Togliatti  aveva  espresso  un giudizio  analogo  su  Rinascita:
               "Chi è stato  in Italia  negli  ultimi  mesi  del  '43  e  nel  '44,  sa  che  ciò  che
               più faceva piacere agli alleati anglosassoni era che tra italiani si esasperas-
               se il dibattito istituzionale, in modo che fosse impedito l'accordo, anzi fosse
               impedita anche solo la presa di posizione sui problemi concreti della par-
               tecipazione  dell'Italia  alla  guerra,  della  ricostituzione di  un  Esercito  na-
               zionale, dei diritti del nostro paese come "cobelligerante".< 9>  È doveroso
                                                                      8
               riconoscere  che Togliatti  seppe apparire  più  "patriottico" di  altri  antifa-
               scisti  democratici,  che  coprirono  di  disprezzo  e  di  accuse  il  ricostituito
               Esercito  italiano  solo  perché  ancora  "Regio".
                   Nel  1967  uno dei  più intelligenti  diplomatici italiani di questo do-
               poguerra, Pietro Quaroni, affermava:  "L'armistizio del  1943 non è stato
               soltanto il crollo della politica estera fascista,  è stato, se si  vuole,  il  crollo
               di tutta la politica estera che, più o meno vagamente, era stata seguita dal
               Regno  d'Italia,  dal momento del suo  inizio".  (90)  Considerazione recente-
               mente ripresa, in forma più estremizzata, da un altro diplomatico, giusta-
               mente apprezzato anche per i suoi numerosi saggi storici, Sergio Romano,
               secondo il quale "il ruolo dell'Italia nelle vicende europee era stato chiara-
               mente definito sin dal settembre 1943", i cui avvenimenti dimostrarono
               "che l'Italia non poteva né badare da sola  alla  propria sicurezza né dare
               un contributo determinante alla difesa del proprio territorio. Furono i fatti,
               in quelle drammatiche giornate del settembre 1943, che fissarono le gran-
               di  linee  della  politica  estera  italiana  per  gli  anni  successivi  e  ne  deter-
               minarono le  scelte  principali".<90 Valutazioni certo  interessanti,  ma  che
               sembrano imputare ad un singolo evento ciò che invece dipende da circo-
               stanze e processi storici  precedenti e successivi  ad esso,  alcuni  dei  quali
               per  di  più  del  tutto  indipendenti  dall'influenza  dell'Italia.



               (88)  M.  De Leonardis,  La Gran  Bretagna  e la  resistenza partigiana  in  Italia  (1943-1945),
                   Napoli,  1988,  p.  399.
               (89)  Cit.  in  Pinzani,  art.  cit.,  p.  17,  n.  53.
               (90)  P. Quaroni,  "Chi è che fa  la  politica estera in Italia", in M. Bonanni (a  cura di),
                   La politica  estera  della  Repubblica  Italiana,  Milano,  1967,  vol.  III,  p.  810.
               (91)  S.  Romano,  Guida  alla politica  estera  italiana,  Milano,  1993,  p.  5-6.








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