Page 398 - L'Italia in Guerra. Il quarto anno 1943 - Cinquant’anni dopo l’entrata dell’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi
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VECCHIO E NUOVO NEL "GOVERNO DEL SUD" 397
Depositario della secolare lotta per l'unificazione nazionale, anche se
non ne era direttamente a conoscenza Vittorio Emanuele avvertiva quan-
te insidie si stessero affollando per intralciarne l'azione in uno scenario
delineato da quel passo del Memorandum di maggio (1943) nel quale il Di-
partimento di Stato degli USA si spingeva ad affermare: "Si dovrebbero
considerare sospese le prerogative della Corona": formuia fatta propria
dal presidente Roosevelt.
Dopo la resa incondizionata continuarono dunque e sempre più si
aggravarono gli effetti di un "inganno" che, a differenza di quanto è stato
scritto a proposito delle trattative armistiziali, non era più "reciproco",
bensì unilaterale: cioè delle potenze vincitrici ai danni dell'Italia. Abbran-
cata al "memorandum di Quebec" che ventilava la possibilità di modifi-
care in meglio le durissime condizioni dettate il 3 settembre 1943 e ribadite
in quell' "armistizio lungo" che il governo Bonomi scongiurò non fosse
reso pubblico per non suscitare un moto generale di ripulsa nei confronti
di qualsiasi "cobelligeranza" manifestamente "in perdita", all'Italia "del
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Sud", < ) non rimaneva che fare la propria parte per la liberazione nazio-
nale e la lotta contro il nazifascismo, nell'auspicio che dei suoi sacrifici
si sarebbe tenuto conto nelle sedi deputate e specialmente nella stipula del
trattato di pace. Occorreva "pagare il biglietto di ritorno" nel novero del-
le democrazie, come aveva ruvidamente chiesto il Churchill che a suo tempo
non s'era trattenuto dal dire che, se fosse stato italiano, sicuramente sa-
rebbe stato fascista.
Dal canto loro, gli anglo-americani avevano tutto l'interesse a lasciar
credere che rimaneva ancora da fissare il prezzo finale della pace. In cam-
bio concedevano che il Regno riorganizzasse nuclei combattenti di ridot-
tissime dimensioni e rendesse disponibili una cospicua forza di 'ausiliari'.
In più, mentre scoraggiavano tutti i propositi di dar vita a corpi di volon-
tari all'interno delle proprie linee, non escludevano di a€cettare il concor-
so bellico di 'ribelli' nelle zone occupate dai nazifascisti: ma con ruolo
meramente sussidiario e circoscritto, di informazione e sabotaggio, senza
alcuna pretesa autonoma e protagonistica, senza cioè concedere alcuno spa-
zio all'illusione che una grande insorgenza di popolo ponesse le basi per
un riscatto generale dal passato e quindi dal peso della "resa incondizio-
nata". Per i vincitori l'Italia rimaneva insomma "territorio nemico".
(20) Una famosa difesa di questo punto di vista in L. Salvatorelli, I Savoia e la storia
d'Italia, Torino, 1945.
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