Page 387 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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prigionieri il significato dell'impegno politico che si richiedeva loro. Il pro-
getto di Churchill è dell' 11 febbraio 1941; poco dopo però, il comandan-
te in capo per il Medio Oriente, gen. Archibald Wawell, faceva tramontare
ogni cosa affermando che ''le possibilità di costituire una forza di liberi italiani
traendo/i dai prigionieri di guerra non poteva essere ancora valutata'' e così, il
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21 marzo, ogni proposito di questo tipo naufragava.< l
Evidentemente i tempi non erano maturi, specie sul piano interno
italiano ma il precedente di Eldoret tornò di attualità nelle vicende succes-
sive. Infatti questo precedente diventava per le ben note vicende istituzio-
nali e militari italiane, assai interessante per le autorità alleate che vi diedero,
dopo il settembre 1943, una speciale diffusione. Vi erano pure alcuni gruppi
di prigionieri i quali ritennero che ogni cedimento di fronte alle proposte
degli anglo-franco-americani, dovesse essere considerato un vero e proprio
tradimento dell'idea fascista alla quale dichiaravano di voler rimanere le-
gati. I motivi di tali scelte sono piuttosto complessi e vanno dai ricordi
recenti di una fratellanza d'armi con i tedeschi alla dura realtà concentra-
zionaria che faceva apparire i detentori sempre più nemici e quindi sem-
pre lontani dalla generosità che avrebbe potuto, in alcuni casi, ammorbidire
le opposizioni di coloro che vennero definiti dai detentori "criminali fa-
scisti" e come tali rinchiusi in speciali campi dalle regole assai più rigide
degli altri. La nascita della Repubblica Sociale Italiana con alla sua testa
il redivivo Mussolini, fece anche apparire queste posizioni come necessa-
rie per dare una suprema prova di lealtà nei riguardi di un regime che
non si voleva considerare sconfitto, bensì tradito e costoro, i prigionieri
'irriducibili' si rifacevano volentieri a quanto, alla vigilia della caduta del
regime ed in piena débacle militare italiana, qualcuno andava affermando
circa la necessità assoluta di non cedere alle lusinghe del nemico: "per igno-
ranza si può abboccare, per malafede la si può accettare ... un'arma il soldato pri-
gioniero possiede e deve adoperare: la fede ... Chi viola comunque la disciplina rende
un servizio al nemico". (5)
Vi era infine la posizione degli attendisti che ritenevano che ogni scelta
politica a favore degli uni o contro gli altri fosse impraticabile vista la con-
dizione non libera dei militari. Conveniva, secondo questa tesi attendere
che le cose si fossero decantate e, soprattutto che ognuno fosse messo in
(4) F. W . Deakin, "Lo Special Operarions Execurive e la lo{{a partigiana", in L'Italia
nella seconda guerra mondiale e la Resistenza, Milano, Franco Angeli, 1988, p. 97.
(5) Cir. in A. Bererra, Prigionieri di Churchill, Milano, Ediz. Europee, 1963, p. 25.
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