Page 536 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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LA  RINASCITA  DEI  PARTITI,  LA SVOLTA  DI  SALERNO              535

                    Dopo le  conferenze interalleate di  Casablanca  e  di Teheran risultò
               chiaro che la guerra si doveva concludere con l'annientamento di uno dei
               due contendenti, ovvero - per la palese disparità di forze - con la distru-
               zione della Germania e dei suoi ultimi alleati, fra  i quali, in primo luogo
               la RSI.  Eliminato ogni margine di trattativa, come e più che all'indomani
               della  prima guerra mondiale, la  conclusione del  conflitto  allungò  la  sua
               ombra sulla  "pace" tutto inglobando in una visione manichea ferma  al-
               l'antitesi tra nazifascismo e antifascismo (o "democrazie") e disposta, per
               il già ricordato opportunismo contingente, a classificare come "democra-
               tico"  anche il totalitarismo  stalinistico, gareggiante con  il  nazismo  nella
               massificazione dell'uomo e nell'eliminazione di ogni forma non solo di plu-
               ralismo  ma anche  di  parziale dissenso.
                    In tale visione, si giunse (persino in sede storiografica) a pretendere
               fossero  "buone"  anche le  bombe di una delle  parti in lotta, per quanto
               devastanti  e atroci ne risultassero gli  effetti,  oltre qualsiasi apprezzabile
               necessità bellica; mentre inesorabilmente malvage vennero qualificate le
               altre, anche se talora servirono a contenere l'altrimenti inarrestabile avan-
               za  di uno degli  "alleati", dai propositi niente affatto democratici,  come
               poi  si  vide  nei  decenni  dalla  guerra  fredda  al  crollo  dell'URSS. <3>
                    Siffatto impoverimento manicheo della capacità di valutare andamento
               e conseguenze del conflitto in atto gravemente nocque alla dialettica poli-
               tica  affiorante in Italia  dopo la  caduta del governo  Mussolini e la  "resa
               senza condizioni"  del 3-8 settembre 1943 (peggiorata dall"'armistizio lun-
               go" del29 settembre), anche perché s'innestò sulla disputa ideologica, an-
               zi metastorica, circa il significato da attribuire al fascismo, acriticamente
               incapsulato nella formula,  tanto suggestiva quanto opaca,  di  "ventennio
               di dittatura": ghirigoro sbrigativo, del tutto incapace di spiegare la com-
               plessità dell'età fascista  e  a  far  comprendere gli  interessi vitali  in gioco
               nella  stagione postarmistiziale, troppo a  lungo  protratta, sino alla  firma



               (3)  Tra i molti saggi che negli  ultimi due anni hanno riaperto la  discussione sui metodi
                  bellici impiegati dagli anglo-americani v. Eric Morris, La guerra inutile.  La campagna
                  d'Italia,  1943-1945, Milano, Longanesi,  1993. Va peraltro rilevato che i " crimini di
                  guerra  commessi  dai  vincitori" (su  cui  v.  una  acuta  nota  di  Roberto  Ciuni  in  " Il
                  giornale", Milano,  3 1  dicembre  1994:  ma  dello  stesso  aurore  v.  altresì  L 'Italia di
                  Badoglio. Storia del Regno del Sud,  Milano, Rizzoli,  1993), malgrado una sorta di "via-
                  tico" della  sroriografia anglo-americana,  non sono stati ancora  assunti al centro  di
                  una revisione critica, né di una ricerca sistematica capace di ridimensionare il prete-
                  so obbligo di gratitudine nei riguardi dei vincitori. Per un ulteriore approfondimen-
                  to v. Gianni Oliva,  l  vinti e i  liberati.  8 settembre 1943  - 25  aprile 1945.  Storia  di due
                  anni,  Milano,  Mondadori,  1994.








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