Page 594 - L'Italia in Guerra. Il quinto anno 1944 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1944-1994)
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osservare che Mussolini era stato, ed in fondo rimaneva, un socialista. Per-
sino dopo lo "strappo" interventista della fine 1914, il suo nuovo giorna-
le, Il Popolo d'Italia, recava la scritta organo del Partito Socialista italiano: con
lui, Pietro Nenni, nel 1919 aveva fondamento un Fascio "primogenito",
e le sue preferenze di allora e di poi sarebbero sempre andate a quella
socialità piazzaiola e massificata che addirittura gli italiani avrebbero ri-
visto come insegna della Repubblica di Salò, non per nulla "sociale" : con
la " Carta del Lavoro" , l'autogestione delle fabbriche, e tre operai come
Podestà di Torino, Milano e Genova.
Per il PCI gli "atti rilevanti" erano più gravi, ma al tempo stesso
meno conosciuti, persino oggi: però di sapore e colore meno percepibili
dalla gente comune, essendo legati alla grande politica internazionale, più
che a fattori banalmente provinciali. I pochi intellettuali che erano a (par-
ziale) conoscenza, vivevano da così gran tempo in quella lattiginosa drift
left, quella "deriva a sinistra" tipica tra le due guerre, da quando John
Reed aveva scritto il suo I dieci giorni che sconvolsero il mondo, da non essere
minimimente in grado di scorgere la complessità del problema esistente
per collusione ideologica tra tre dittature che erano nei fatti cugine di san-
gue, anche se occasionalmente felici di spararsi addosso. Meno ancora,
erano in grado di comprendere che il potente grado di dipendenza dei
singoli PC sia dal Komintern che dal Commissariato agli Esteri dell'URSS,
mescolava in modo sostanzialmente ambiguo e spesso incomprensibile lotta
di classe ed interessi internazionali dell'Unione, a medio e lungo termine.
Fatto interamente nuovo per le vecchie classi liberali al potere in grandi
e piccole democrazie occidentali, in linea di principio recalcitranti a limi-
tare il diritto di parola e di aggregazione politica a chiunque: ma che ap-
punto per questa loro intellettuale liberalità si trovavano a dover fare i
conti con una opposizione guidata da molto lontano, e sulla base di pre-
supposti nei quali quella ideologia era ancora la componente minore e di
semplice copertura.
Non fa dunque meraviglia che si sia persa per strada la memoria di
quanto profondi e significativi siano stati - nonostante le giaculatorie ideo-
logiche da una parte e dall'altra - i rapporti tra Italia ed URSS almeno
dal febbraio 1924, quando, nella corsa con la Gran Bretagna al riconosci-
mento de jure dello Stato Sovietico, Mussolini istallò per primo addirittura
un'ambasciatore a Mosca; il quale presentò le sue credenziali al Commis-
sario degli Esteri di allora, Georgij Cicerin, che in realtà si chiamava
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