Page 266 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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               omisero persino di rivendicare, a conclusione delle  'memorie' presentate
               all'Alta Corte, il reintegro nel rango di "senatori del Regno", limitandosi
               a sollecitare la mera restituzione del rango senatorio quale correlato della
               pienezza  di  esercizio  dei  diritti  civili,  loro  vero  e  prioritario  obiettivo.

                    Anche Giovanni Agnelli, nel ricorso opposto alla destituzione da se-
               natore, rimarcò che la sua nomina "avvenuta nel  1923 ( ... ) poteva forse,
               nell'intenzione di chi l'aveva voluta, servire a rompere la riservatezza del-
               la  Fiat nei  confronti  del  regime  fascista",  ma  "poteva  anche  - ed è  da
               ritenersi  cosa  più probabile  - costituire  il  naturale  perfezionamento  di
               una pratica già istruita prima dell'avvento  del fascismo  per censo  e  per
               i meriti acquistati quale pioniere dell'industria automobilistica". A  ogni
               modo, poiché illaticlavio non era stato "in alcun modo sollecitato dall'A-
               gnelli", il ricorrente mirava insomma a ergere una barriera tra il suo me-
               rito d'imprenditore - valore permanente - e la combinazione istituzionale
               e politica (Corona e governo presieduto da Mussolini) che lo avevano reso
               onusto  dell'ora  scomodissimo  carico.
                    Non era da quei "paladini", né da quei governi (Bonomi, Parri, De
               Gasperi),  né dai  partiti del  CLN e  dai  consultori  nazionali o  dalle com-
               missioni varie insediare dall'esarchia che la monarchia potesse attendersi
               di essere posta  nelle  condizioni  per esercitare il  ruolo  cui era  chiamata,
               se  non dalla  storia prossima e  remota,  almeno dagli  strumenti di  resa  e
               dalla imminente definizione del trattato di pace. Compromesso in manie-
               ra  irrimediabile  il  suo  rapporto  con  le  "forze  politiche",  non  le  rimase
               che  sperare  nella  nazione:  nel  "popolo"  chiamato  alle  urne con  il  DDL
               del  16 marzo  1946.

                    Non è questa la sede per spingersi sino all'esame del referendum in-
               stituzionale e del "cambio" del giugno 1946. Non ci si può invece sottrar-
               re  a  una considerazione conclusiva.  Come è stato  ripetuto  nel  corso  dei
               lavori del convegno dal generale Pierluigi Bertinaria e da Massimo Maz-
               zetti,  certi  'alleati'  (cioè  Stati  delle  Nazioni Unite:  e  pensiamo in  primo
               luogo alla Gran Bretagna) continuarono a combattere l'Italia anche dopo
               1'8 settembre 1943, per trasformare la "resa incondizionata" nella defini-
               tiva eclissi  dell'Italia dal novero degli  aspiranti a  "grande potenza". Or-
               bene: non credo si possa rimproverare al nemico di essersi condotto come
               tale in guerra né di non essere stato lungimirante sulle prospettive del ne-
               mico  più di  quanto  si  sia  poi  rivelato  in  ordine  ai  suoi  stessi  interessi,
               comprendenti anche (e al riguardo hanno certo ragione Bertinaria e Maz-
               zetti) il repentino consolidamento dell'Italia nel Mediterraneo. Ci si deve








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