Page 271 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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L'EPURAZIONE  E LA  SUA  PARABOLA  POLITICA                        263

              vacchi e bulgari cambiano di campo, più o meno accortamente, sul finire
              dell'agosto. E non a caso si muovono anche le Resistenze, a Varsavia come
              a Praga, in Bulgaria come in Italia. Dal conto suo, l'Armata Rossa ripren-
              derà l'offensiva soltanto a settembre ed ottobre, cioè nel momento in cui
               quasi  97 Divisioni  alleate  si  trovano  ormai sulla  linea  del Reno,  o  sugli
              Appennini  digradanti  nella  Valle  Padana.
                   Una ferrea censura su ogni canale informativo ha impedito per lun-
              ghi decenni che l'Occidente in generale, ivi compresi persino gli speciali-
               sti  della  storia  e  delle  cose  russe,  si  rendesse  conto  dell'immensità  della
               "catastrofe demografica" sovietica, giunta al suo irreversibile apogeo ap-
               punto  durante  il Secondo  Conflitto,  nonché  delle  conseguenze  politiche
               che essa comporta. Ovviamente, ma non - sul momento - con l'evidenza
               che,  senza  quella  censura,  sarebbe stata  naturale. Ancora  oggi,  del  resto
               è lezione corrente che dopo Stalingrado, la potenza dell'Armata Rossa fos-
               se inarrestabile ed invincibile. Basterebbe tuttavia riflettere che occorsero
               ad essa 27 mesi per giungere da lì sino a Berlino, ed anche osservare, con
               stupore, che la battaglia per la conquista della capitale nemica le  richiese
               pur sempre il tragico pedaggio di  100 000 morti  300 000 feriti,  per ren-
               dersi conto di quale diversa strada avrebbero potuto prendere gli avveni-
               menti  ove  non  si  fosse  verificata  la  discesa  in  Normandia  delle  forze
                                               4
               anglo-americane del giugno  1944.< l Da questa riflessione muove il corol-
               lario - fin qui tenuto rigorosamente a margine - secondo il quale da una
               parte Stalin fu  costretto a contemplare sino a quella data la possibilità di
               due soluzioni  sul suo  problema,  anziché quella  sola  che lo  avrebbe con-
               dotto a Berlino: e dall'altra, proprio l'esistenza di questa doppia possibili-
               tà,  costrinse gli  Alleati  a  dar corso  ad una  operazione di  viva  forza  che
               si  presentava assai rischiosa, ed il cui fallimento avrebbe potuto compor-
               tare  conseguenze  di  eccezionale  gravità  per  l'intero  corso  del  conflitto.



               (4)  Secondo fonti russe, nella battaglia tra l'Oder e Berlino, l'Armata Rossa perdette " ol-
                  tre  100 000 morti". Il Maresciallo Koniev disse a Cornelius Ryan, autore de L'ulti-
                  ma battaglia (Garzanti,  1966), che le sue sole forze avevano avuto "nell'intera battaglia
                  dall'Oder a Berlino ...  150 000 morti". Nello scontro finale, si fronteggiarono un mi-
                  lione di soldati tedeschi e 2,5 di russi: assommando le perdite sovietiche ad un totale
                  di 400 000 uomini, si ha che in un solo mese e su quel solo ristretto fronte, l'Armata
                  Rossa  dovette  registrare  in pratica un po'  meno del  20 per cento dei  suoi effettivi
                  fuori  combattimento.*
                  *  Del resto, una recentissima pubblicazione militare sovietica reca, per la prima volta,
                    la sconvolgente ammissione che nel ciclo operativo di Stalingrado furono registra-
                    ti  478 741  morti  e  dispersi,  più  650 878  feriti.








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