Page 274 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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              al di là della Vistola non le porta soccorso alcuno, ma anche vieta che ne
              portino gli Alleati, ai cui aerei viene interdetto l'atterraggio sugli aeropor-
              ti sovietici. La Resistenza polacca è anche la prima a pagare un distruttivo
              scotto ai disegni di Mosca, che seppellirà l'insurrezione di Varsavia come
              "un atto  prematuro e  criminoso".
                   In Romania, occupata totalmente entro il 5 settembre, Anna Pauker
              fucila  negli  otto mesi successivi,  circa  145 000 persone,  secondo quanto
              sicuramente risulta da indagini sulle lapidi tombali fatte dai superstiti nei
              decenni successivi. In pratica, vien spazzata via l'intera classe politica ru-
              mena preesistente, monarchica e borghese, lasciando campo libero ai lun-
              ghi  e  durissimi  segretariati  di  Gheorghiu  Dej  e  Nikolae  Ceausescu,  che
              tuttavia manterranno intatto il carattere, romeno per eccellenza, di satra-
              pie  profondamente corrotte.
                   Nello stesso momento e subito dopo la fine  ufficiale del conflitto in
              Europa, scatta un'operazione di screditamento di ogni tipo di Resistenza,
              o di azione politica, che  non sia in linea con l'ortodossia del Partito Co-
              munista. A maggio del1945 si apre a Mosca l'ultimo grande processo pub-
              blico contro 14 ufficiali e politici polacchi, rei di "tradimento", dal generale
              Okuliki ad Jankowsky, primo delegato polacco del Governo in esilio.  La
              regia è la stessa dei processi 1936/1939: confessioni "spontanee", collera
              ed indignazione della stampa e delle masse popolari, durissime condanne.
              Con  processi o senza,  nei  mesi  successivi l'accusa di  tradimento colpirà
              il leader agrario Nikola Petkov in Bulgaria, e più tardi Traicho Kostov:
              il cardinale Mindszenty e Lazlo Raik in Ungheria, per citare soltanto i più
              noti.  Ma accanto a loro scompaiono silenziosamente migliaia di  ex  mili-
              ziani della guerra di Spagna,  partigiani ukraini in vena  di  indipendenti-
              smo, persino i combattenti comunisti delle Elas greche di Vafiades Marcos,
              nonché  tutti  i  prigionieri  russi  "liberati"  dai  campi  di  concentramento
              tedeschi  dall'avanzata  sovietica,  ma  poi  rimessi  in  campo di  concentra-
              mento ed infine mandati a morire come carne da cannone contro i giap-
              ponesi  nell'ultima  micidiale  offensiva.
                   La sorte peggiore, ed anche tragicamente ironica, tocca forse a quelle
               migliaia  e migliaia  di  soldati  italiani  dislocati  in  Balcania  che,  dopo 1'8
               settembre, i tedeschi hanno messo in campo di concentramento in un pul-
               viscolo di località tra il Banato ed il confine bulgaro. Nella prima decade
               dell'ottobre 1944, sotto la pressione dell'Armata Rossa, la "Wehrmacht"
               è costretta a ritirarsi, facendo saltare tutte le istallazioni. I capi-campo ra-
               dunano  i  nostri  militari,  prospettano la  situazione e lasciano  tutti liberi








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