Page 272 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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               Va  dalle  scelte,  sia  staliniane che  alleate  non  si  verificarono  meccanica-
               mente all'istante: in realtà, vi fu,  come del resto si conosce bene, un lento
               avvicinarsi alla soluzione poi adottata da entrambe le  parti, con un pro-
               cesso  che può esser  fatto  risalire almeno alla  tarda estate del  1942. Con
               gli sbarchi alleati in Nord Africa, Stalin non ottiene infatti ed ancora quel
               "secondo fronte"  che gli  è drammaticamente indispensabile, ma comin-
               cia  a  valutare con  crescente  ottimismo la  possibilità  di  condurre ad un
               termine vittorioso la  guerra.  Tutto  dipende,  naturalmente,  dal  successo
               del  previsto  sbarco  alleato:  quando  questo  si  verifica,  l'opzione  di  pace
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               separata  con  la  Germania  recede  sin  quasi  a  scomparire.< >
                   Ma non del tutto, poiché il dissanguamento dell'Armata Rossa pro-
               cede ad un ritmo talmente frenetico da rendere imminente una crisi mili-
               tare  di  prima grandezza.  Sappiamo oggi  che  l'Armata,  nei  1417 giorni
               del suo asperrimo confronto con le forze tedesche finisce col perdere circa
               3 7 milioni di uomini, tra morti e feriti, ad un tasso giornaliero pressoché
               uniforme  di  26 000  soldati,  sia  che  si  trovi  all'attacco  che  in  difensiva.
               Se  ciò significa che nei  circa  1150 giorni che vanno dal 22 giugno  1941
               alla metà dell'agosto  1944 sono stati perduti un po' meno di "trenta mi-
               lioni di militari", anche vuol dire che per le battaglie dei restanti otto me-
               si  scarsi,  il  pedaggio  richiederà altri  sette  milioni  di  uomini.  Stalin e  lo
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               Stavka  lo  sanno.< >
                    In parte, si rimedia col massiccio impiego di personale femminile col
               rinvio  al  fronte  dei  feriti,  con leve  forzate  nei  paesi  appena conquistati.


               (5)  Per conseguenza, la reazione di Hitler segue lo stesso ordine logico, ma inverso. Do-
                  po lo  sbarco alleato in Normandia, egli  pensa ad una grande battaglia d'arresto in
                  Francia,  contro gli  Alleati,  dal cui  successo  ricavare  il  tempo  ed i  mezzi  necessari
                  per saldare il conto a Stalin. Da questa impostazione del problema, nasce l'offensiva-
                  lampo delle Ardenne, accompagnata da una testarda  resistenza al fronte  russo,  nel
                  quale l'avanzata sovietica incontra una serie di sconfitte poco note, specie in Unghe-
                  ria, ai due lati del Lago Balaton. Qui l'ultima controffensiva tedesca termina soltanto
                  col  18  marzo  1945.  Vienna  del  resto,  cade  nelle  mani  dell'Armata  Rossa  soltanto
                  il  13  aprile.
               (6)  Se fino all'estate 1944lo Stavka conduce la battaglia con un buon livello professiona·
                  le, dopo quel momento sembra perdere la propria lucidità, forse per l'allungarsi smi-
                  surato delle proprie linee di rifornimento e per i problemi di ogni ordine che presenta
                  l'avanzare  non più per la  riconquista  del  proprio territorio,  ma per l'invasione di
                  quello nemico, tra popolazioni ostili. La somma delle difficoltà non si traduce tutta-
                  via in una maggiore razionalità nella condotta della battaglia, ma nello sperpero folle
                  delle ultime riserve umane a disposizione. È la stagione dei "generali macellai", che
                  per superare i campi minati tedeschi non esitano ad usare interi battaglioni di fante-
                  ria: tanto più che si tratta di truppa ormai "coloniale", uzbechi, mongoli, azerbagiani.








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