Page 440 - L'Italia in Guerra. Il sesto anno 1945 - L’Italia nella 2ª Guerra Mondiale: aspetti e problemi. (1945-1995)
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432 MARIO BURACCHIA
Un fatto positivo era in ogni modo evidente: il problema della pace
con l'Italia sarebbe stato posto sul tappeto a brevissima scadenza di tem-
po, giacché il comunicato conclusivo della Conferenza stabiliva che la pri-
ma riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri avrebbe avuto luogo
a Londra non più tardi del 1° settembre.
La situazione a questo riguardo era tutt'altro che tranquillizzante.
Pur con le incognite di ciò che il trattato di pace avrebbe portato
come limitazioni militari, permaneva negli ambienti del Ministero la fi-
ducia che la Marina poco o niente sarebbe stata toccata sia per quella ga-
ranzia armistiziale che non contemplava la cessione di navi italiane sia
per l'opera prestata a fianco degli alleati che avrebbe dovuto far superare
severe misure limitative. Era chiaro che sarebbe stato impossibile mante-
nere tutto il complesso navale superstite della guerra, sia per ragioni poli-
tiche interne e internazionali sia per quelle di disponibilità economiche.
Tra i vari studi predisposti una certa preferenza raccolse quello che vede-
va una forza navale costituita dalle navi da battaglia Italia e Vittorio Veneto,
da 7 incrociatori (i 2 "Aosta", i 2 "Garibaldi", e i 3 "Scipione"), da 9
cacciatorpediniere, da tutti gli avvisi scorta e le corvette, da qualche som-
mergibile e da un certo numero di motosiluranti e di vedette antisom. Fu-
rono queste, in parte, le prime controproposte che l'Italia, per conto della
Marina, fece alla conferenza della pace.
Evidentemente, oltre a peccare di una buona dose di ottimismo e a
credere che quasi niente fosse cambiato rispetto al passato, c'era una cer-
ta mancanza di senso della realtà. Un brusco richiamo a questa, anche
doloroso, si ebbe quando cominciarono a trapelare le intenzioni punitive
degli alleati nei confronti dell'Italia in termini sia territoriali che militari.
Il ''diktat'' alleato sul futuro della flotta italiana, che portò peraltro
alle dimissioni dell' amm. De Courten, risultò però in definitiva meno pe-
nalizzante di quello che era apparso nelle dichiarazioni ufficiali. Sfruttan-
do diversità di opinioni e di interesse, la delegazione italiana riuscì ad
alleggerire, almeno dal punto di vista morale, le condizioni navali. Pur
se non poterono essere ottenute condizioni più favorevoli sul piano nume-
rico, di fondamentale importanza fu la decisione che le unità italiane non
sarebbero state più considerate "bottino di guerra", bensì a valere nel conto
delle riparazioni dei danni di guerra per quanto riguardò l'Unione Sovie-
tica, ed in conto sostituzione del naviglio requisito o perduto nei confron-
ti della Francia, Jugoslavia e Grecia.
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