Page 25 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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questa volta il dissenso si manifestò solo con motti apertamente provocatori
come Viva i tedeschi, che vengano pure… ma non vi furono più violente ma-
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nifestazioni come a Torino nell’agosto di quello stesso anno. Riemerse inve-
ce nella coscienza del paese, come un fiume carsico, la consapevolezza di far
parte di una comunità, con una storia comune; in quel momento la situazione
che si presentava poneva la questione solo ed esclusivamente in termini di sal-
vezza nazionale.
Trovarono così spazio migliaia di appelli, di parole fiammeggianti di resi-
stenza e di fede dove l’impulso della critica era tenuto a freno dal sentimento
di concordia per non sfibrare la combattività dell’esercito. Si disse dunque con
voce alta e ferma che l’Italia non era un dono di natura, ma un edificio cemen-
tato nel sangue di trenta generazioni, il quale doveva essere, finalmente invio-
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labile, trasmesso intatto alle venture generazioni. Forse in quelle drammati-
che giornate si ricrearono le condizioni spirituali che Carlo Cattaneo descrisse
con indimenticabili parole nel saggio L’antico esercito italiano.
Come allora agli albori del Risorgimento, anche nel novembre 1917, uo-
mini provenienti da ogni parte d’Italia o anche dall’estero, da una vita di emi-
granti, diedero prova di coesione, impararono, probabilmente per la prima
volta, a conoscere l’esistenza di una patria comune e, accumunati dall’espe-
rienza delle trincee, a capire il senso e il valore del tricolore, palladio perpetuo
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di fratellanza pensante e militante, lo definì il patriota lombardo.
Lottarono in quei frangenti come cives per affermare nel modo più alto con
le armi, ma anche con l’intelligenza e con il cuore, il diritto del loro paese ad
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essere libero. Legati dalla consapevolezza del momento che l’Italia stava vi-
vendo e dalla responsabilità cui erano chiamati, animati e sostenuti, certamen-
30 Un approfondimento sull’atteggiamento dell’opinione pubblica all’indomani di Caporetto
nello studio di Piero Melograni Storia politica della Grande Guerra, cit., pp. 469 -475.
31 Junius (Luigi Einaudi), La scuola ha adempiuto al suo dovere? In «Corriere della Sera» 18
novembre 1917.
32 Molto netta, in senso opposto, è l’interpretazione di Alberto Monticone che, nell’introdu-
zione al volume di Angelo Gatti Caporetto. Diario di guerra, afferma: « Direi che si affaccia
il dubbio che la vita di trincea di tre anni di guerra non abbia compiuto vera opera di fusio-
ne degli animi degli italiani, dalla borghesia lombarda ai contadini di Sicilia; che non ab-
bia affatto dato, nella prova suprema, alle masse combattenti il senso di essere nazione; che
anzi, quasi saltando il gradino della formazione di un maturo spirito nazionale, attraverso il
sacrificio richiesto anche a coloro che erano più ai margini dello Stato, abbia piuttosto dato
ad essi la coscienza dei propri diritti e persino una vaga coscienza di classe», in Angelo Gat-
ti, Caporetto. Diario di guerra, cit., p. LI.
33 Carlo Cattaneo, L’antico esercito italiano, in Politecnico, Milano, Editori del Politecnico,
1862, vol. VIII; Carlo Argan, Della milizia antica e moderna in «Nazione militare: rivista di
cultura militare», Roma, Poligrafico dello Stato, 1935, pp. 12 – 14.