Page 22 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                  emotivi, spesso con sfoghi sinceri, esprimevano il desiderio di confidenze e
                  il tormento della nostalgia di casa. Erano scritte magari in un momento di ri-
                  poso, durante una pausa, o sotto l’impressione della morte di un collega, pri-
                  ma di intraprendere un lungo trasferimento, o per vincere l’ansia all’inizio di
                  un’azione o per narrarne l’esito di una appena conclusa. Comunque un tratto
                  comune lega tutte le testimonianze qui raccolte - memorie e lettere – quello
                  della condivisione di paure, di ansie, di lutti e di dolori.
                     Inoltre i temi ricorrenti: la resistenza, il coraggio, lo sprezzo della morte, il
                  valore della patria, compaiono nelle corrispondenze della stragrande parte dei
                  combattenti senza differenze se alpino, marinaio, fante o aviatore, se con una
                  lunga esperienza alle spalle o ragazzo appena giunto al fronte. C’è da precisa-
                  re che gli autori dei testi di tutto questo periodo sono stati scelti tra gli ufficiali
                  o gli aspiranti - con le eccezioni del caporal maggiore Barberini, del sergente
                  aviatore Ongaro, del fante mitragliere Cosimino e del soldato del Genova ca-
                  valleria Caprara - alcuni dei quali irredenti, che dovettero pertanto cambiare
                  il proprio cognome con un nome di guerra appartenente a famiglie del Regno
                  d’Italia, animati perciò da un profondo e convinto spirito patriottico.
                     La scelta, che può sembrare limitativa, risponde però all’obiettivo di que-
                  sto lavoro, cioè quello di documentare e di motivare la metamorfosi delle trup-
                  pe dopo Caporetto. E tutti questi combattenti furono di esempio, di stimolo e
                  di incoraggiamento, determinanti anche, come scriveva Adolfo Omodeo, nel
                  contrastare e nel vincere le inerzie, i torpori e le paure che sono presenti in
                  ogni esercito. Dato che, rifacendosi ancora ad Omodeo, la fede eroica spinta
                  fino all’estremo sacrificio non era sentimento diffuso nell’esercito neppure in
                  quei drammatici frangenti.
                     È opportuna a questo punto un’altra considerazione: nelle lettere si manife-
                  stava con accenti diversi l’ansia, l’inquietudine per non aver ricevuto da tem-
                  po notizie da casa proprio nel momento forse più critico della permanenza al
                  fronte. Lo smarrimento per l’interruzione di quel legame affettivo che si era
                  stabilito tra la Zona di guerra e il paese attraverso lo scambio della corrispon-
                  denza era spesso la frase di apertura della lettera. Uno sconcerto reso ancora
                  più pesante a causa della sospensione di tutte le licenze e quindi per l’impos-
                  sibilità di andare a trovare i propri cari, spesso però nascosto da un fermo pro-
                  posito di riscossa: c’è altro ora da pensare e da occuparsi e il posto di ogni
                  italiano è qui a sbarrare ai prepotenti il sacro suolo del nostro paese (Nicolò
                  Bresciani). Comune era poi lo sbigottimento per la rotta della II Armata cui si
                  accompagnavano giudizi severi sul comportamento delle unità coinvolte per-
                  ché il loro ripiegamento aveva azzerato i risultati di dolorosi sacrifici e tre-
                  mendi lutti, e grande era il dolore di dover abbandonare posizioni formidabili
                  conquistate palmo a palmo in quasi tre anni di guerra. Un pilota, Francesco
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