Page 29 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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1917. La rotta di Caporetto, L’inCreduLità e L’angosCia  27

                                            Carlo Emilio Gadda

                                      Sono loro, siamo perduti


             I            meno conosciuta è la sua esperienza di combattente nel corso della
                             l nome di Gadda è legato per i più alla notorietà di scrittore, forse


                        Prima guerra mondiale a cui partecipò, convinto interventista. Giovane
                    tenente di 24 anni dai primi di ottobre 1917 si trovava sulla linea dell’Isonzo
                    sul Monte Krasji Vhr, dominante la conca di Plezzo, a ovest del Monte Nero.
                    Qui, insieme al suo reparto, fu travolto dalla rotta di Caporetto. Alle 4 del
                    mattino del 25 ottobre, ricevette, del tutto inaspettato, l’ordine del comando
                    di lasciare la posizione strategica su cui era schierata la sua 2ª sezione mitra-
                    gliatrici. Un abbandono drammatico, vissuto dal tenente Gadda che si defi-
                    niva convintamente e orgogliosamente provetto soldato e mitragliere, come
                    un’umiliazione, defraudato così della possibilità di battersi con la sua unità
                    contro le pur preponderanti forze nemiche perché la guerra è cozzo di ener-
                    gie spirituali. Con una marcia estenuante, il cuore spezzato per l’angoscia di
                    quei frangenti, ma sempre attento a mantenere l’ordine e la disciplina dei suoi
                    soldati, mentre tutto intorno era il caos di una rotta disordinata e ai suoi occhi
                    mortificante, Gadda cercò in tutti i modi di sfuggire alla morsa in cui le truppe
                    tedesche stavano serrando le unità della 43ª divisione. Percorse per tutto il
                    giorno il greto dell’Isonzo alla ricerca di un ponte ancora integro, di un pas-
                    saggio per raggiungere la sponda destra del fiume che era impossibile passare
                    a guado per un soldato appesantito dagli abiti e dalle armi a causa della sua
                    corrente velocissima, quasi torrentizia. Il racconto di questi disperati momenti
                    è accompagnato anche da alcuni schizzi che dovevano illustrare i frangenti
                    cruciali della ritirata. La prosa è attenta, pacata e minuziosa nell’osservare le
                    contrarietà e gli uomini, i loro stati d’animo, la stanchezza, la fame e la paura.
                    Nelle sue parole, cariche sempre di forte tensione emotiva, si legge il tragico
                    presentimento di una fine per lui ingloriosa e ingiusta, la resa al nemico e la
                    conseguente prigionia. Marciava coi suoi uomini con questa pesante ansia, ma
                    insieme con la speranza di un capovolgimento della drammatica situazione, di
                    un intervento liberatorio che parve perfino concretizzarsi quando scorse una
                    fila di divise nere sulla riva destra dell’Isonzo: il cuore mi si allargò pensando
                    che fossero i nostri rincalzi e al momento quell’uniforme nera mi fece pensare
                    (che stupido) ai bersaglieri.  La realtà era purtroppo tragicamente diversa: co-
                    minciai allora a temere e a intravedere la verità: i tedeschi saliti da Tolmino
                    stanno per circondarci. La cattura fu così inevitabile.
                      Le pagine del Taccuino di Caporetto di seguito riportate nei capitoli con-
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