Page 34 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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32 Dalla Battaglia D’arresto alla Vittoria
delle mitragliatrici, viveri, munizioni ecc. lasciati anche intatti fosse tale che
il nostro atto non aveva nessun valore. Io gettai anche la mia rivoltella e tutti
lasciarono i fucili, lì dov’erano; poi in fila indiana, in ordine, dopo De Candi-
do Cola, poi tutti i soldati, io ultimo, in coda, scendemmo per la boscaglia alla
passerella: nessuno più vi si trovava: tutto era deserto, lì, tutti ormai aveva-
no già fatto l’inevitabile passo. Ai piedi della passerella il flutto travolgente,
brutale dell’Isonzo lambiva un mucchio di fucili, mitragliatrici Fiat, nastri,
roba, ecc. lasciata nella resa. Di là la sentinella tedesca ci guardava passare,
osservando che non avessimo armi. Altre sentinelle armate custodivano dei
prigionieri, raccolti nel prato soprastante, il prato dell’adunata delle 13,20 del
25 ottobre. La passerella fu passata a uno a uno; reggendo i primi il cavo me-
tallico che a sinistra serviva di ringhiera.
Tutti passavano lenta-
mente, con grande precau-
zione per non scivolar nel
fiume: il ponticello arcuato
mi costrinse a sedermi, poiché gli
scarponi ferrati scivolavano sull’as-
se. Giunto a metà mi levai e proseguii
ritto. Passai di là col viso accigliato;
assorto e istupidito più che altro. Tra il bran-
co adunato avanti le sentinelle tedesche qualcuno non dissimulava la tran-
a
quillità per lo scampato pericolo. Io guardai la 1. sentinella, che non offerse
nulla di notevole alla curiosità: ritta, seria, quasi accigliata. Nel prato, sopra
un sasso, una scatoletta di carne che qualche prigioniero aveva offerto a un
tedesco per propiziarselo: appena questo tedesco si voltò io gli feci sparire la
scatoletta, e me la mangiai con molta fame e con una gioia satanica. Erano le
13,20 del 25 ottobre 1917; le sentinelle tedesche tutte armate; con baionetta;
facemmo nel prato l’ultima adunata, l’ultima chiamata. Poi ci venne ordinato
a me e Cola, di incamminarci con gli attendenti, verso Caporetto, lasciando i
soldati. Col pianto negli occhi e nel cuore mi congedai da ciascuno, stringen-
do a tutti la mano. E lentamente m’incamminai con Cola; dietro noi Sassel-
la, il mio caro e fedele attendente, e De Candido, che Cola aveva scelto per
attendente lì per lì, poiché egli conosceva bene il tedesco; lasciando Ghezzi.
Sassella portava il mio sacco, De Candido quello di Cola. Io guardavo qua e
là tentato ancora di prendere la via dei monti: ma altra truppa tedesca soprag-
giunse proprio allora dalla strada di Caporetto: prima un orribile sottufficiale,
tipo di sgherro e di assassino insieme, stese la sua pattuglia al margine del pra-
to ove stavamo: fece ispezion’arm ai suoi 8 o 10 soldati, carichi di un pesante
sacco, stanchi. Uno appariva sfinito e implorava un po’ di riposo: era rosso,
col collo gonfio e accaldato e si rivolgeva al sergente come Cristo ai carnefici.