Page 37 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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1917. La rotta di Caporetto, L’inCreduLità e L’angosCia 35
Guido Sironi
È finita, è finita … E non sento il coraggio
di ammazzarmi
Il dramma di Guido Sironi iniziò alle 8 di sera del 24 ottobre quando fu
ordinato alla sua compagnia, dislocata alle pendici del Monte Piatto, di salire
lungo la mulattiera che portava al Passo Zagradan per rinforzare la linea di
difesa già schierata nelle trincee e contrastare l’avanzata delle truppe tedesche
del Reggimento Bavarese della Guardia. Appena iniziata la marcia l’unità fu
assalita dalle forze nemiche e subito scompaginata da un nutrito attacco di
fucileria e bombe a mano. Sironi riuscì a riparare con pochissimi uomini negli
sbarramenti del passo ormai deserti; qui trascorsero una notte d’incubo, senza
più nessun contatto con le altre unità della loro divisione, con l’ordine peren-
torio di non ripiegare a nessun costo. All’angoscia per l’isolamento subentrò
anche lo sconcerto e la sorpresa per la novità tattica dell’offensiva germanica
basata su rapidi, improvvisi spostamenti di piccoli nuclei di combattenti: il ne-
mico ci è vicino, vicinissimo, a non più di cinque o sei metri; non lo vediamo,
ma…sentiamo il suo frusciare tra le alte erbe; e noi non riusciamo a sparare
che qualche innocuo colpo...Che si fa? Che si fa? La guerra di posizione e di
logorio da quel tragico 24 ottobre era ormai superata, era divenuta una guerra
manovrata; chi non si fosse adeguato era destinato ad essere sconfitto. Così i
superstiti del 214° reggimento, tra cui Sironi, furono fatti prigionieri nel po-
meriggio del 25 ottobre.
Guido Sironi dedicò poche pagine alla rotta di Caporetto, anzi come la de-
finì lui alla battaglia di Tolmino - solo 42 delle 284 nell’edizione del 1922 de
I vinti di Caporetto. Il resto della narrazione fu riservato all’internamento nel
campo di Celle. Diversamente dalla gran parte dei racconti della rotta militare
dell’Alto Isonzo dove si indugiava con addolorato compiacimento sulla fuga
disordinata delle truppe italiane, il tenente Sironi preferì concentrare l’attenzio-
ne del lettore su due temi narrativi. Il primo era la resistenza, i tentativi genero-
si e vanificati di rompere l’accerchiamento delle truppe nemiche: Ragazzi, viva
l’Italia! Siamo uomini, non femmine! Avanti, Savoia, per riaffermare la ferma
volontà, sua e dei suoi uomini, di combattere, di non arrendersi anche in una
situazione disperata. L’altro tema ripreso e evidenziato occasionalmente nelle
testimonianze coeve era quello dell’angoscia, del terrore della cattura. Questo
sentimento, l’orrida paura di cader prigioniero, era per numerosi ufficiali di
complemento, i cosiddetti plotonisti, come Sironi e Gadda, certamente più for-