Page 41 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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1917. La rotta di Caporetto, L’inCreduLità e L’angosCia  39

                    momento una nostra batteria da campagna si sveglia alla destra e invia una
                    salva — chissà perché? — proprio sulla nostra trincea. Ci salviamo per puro
                    miracolo.
                      Un’angoscia disperata a poco a poco si impossessa di noi; il cerchio si
                    restringe e noi siamo ormai reparti immobilizzati, inutilizzati. Dal Passo di
                    Zagradan vedo qualche camion nostro, che tenta di salire lungo la strada di
                    Kraj verso di noi: qualche gruppo di uomini inquadrati cerca esso pure di
                    seguire la stessa via; ma una mitragliatrice nemica (donde spara?) blocca la
                    strada: e nessuno può passare. Dunque il nemico è già dietro di noi: deve avere
                    sfondato a Casoni Solarie, deve essere disceso lungo i costoni del Podkabuk.
                    La strada verso Clodic, verso Cividale è aperta.
                      Mandiamo un disperato appello al Comando: sono le 11. Nessuna risposta.
                    Un altro portaordini non ritorna.
                      Ci guardiamo in volto: è finita.
                      Giriamo lungo il costone di M. Piatto sopra Passo Zagradan; andrò io a
                    vedere. Pompizii mi grida:
                      «Sei matto? Non voglio mandarti inutilmente fra le braccia degli Austriaci.
                    Vediamo prima».
                      Dove la trincea finisce, si apre il camminamento che va a morire a fior di
                    terra sul rovescio. Ci appianiamo a guardare: sulla camionabile, sotto la cre-
                    sta, passeggiano, col fucile ad armacollo, pattuglie nemiche.
                      Rientriamo; inviamo, a distanza di un quarto d’ora l’uno dall’altro, due
                    altri portaordini al Comando; li indirizziamo di corsa, fra le pallottole, verso
                    la cresta, perché poi, arrivati là, si gettino sul rovescio, dove c’è il Comando
                    di Reggimento.
                      A mezzogiorno nessuna risposta.
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                      Lungo la nostra linea e davanti a noi la battaglia a mitragliatrici, a fucilate,
                    a bombe a mano continua. Strisciando, ventre a terra, lungo un camminamen-
                    to, mi porto al reparto zappatori, poi al mio plotone.
                      Tutti sono stretti, pigiati dentro la loro trappola, dalla quale è impossibile
                    uscire. Il nemico dall’alto li fulmina colle sue mitragliatrici sempre moltipli-
                    cantisi; davanti a noi, lontano, in fondo alla valle, lo si vede salire dall’Isonzo
                    in formazioni serrate.
                      Che è avvenuto?
                      Pare che il battaglione Nassi, del 213°, che, in collegamento con noi, tene-
                    va il M. Nachnoi, per sfuggire alla cattura minacciatagli dai reparti tedeschi



                    3  Il Comando del Reggimento come apprendemmo poi ricoverato nella caverna sul rovescio,
                      era stato catturato verso mezzodì.
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