Page 38 - Dalla Battaglia d'arresto alla Vittoria - La storia e le emozioni attraverso le testimonianze dei protagonisti
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                  te della paura della morte in combattimento, ma era anche condiviso da molti
                  dei semplici soldati: a Mauthausen no, signor Tenente! esclamava uno dei suoi
                  uomini quando si accorsero di essere accerchiati. La cattura e la prigionia, oltre
                  ad apparire come un fosco, tremendo, imprevedibile futuro, recavano con sé
                  un marchio vergognoso di fronte alla famiglia, ai commilitoni, ai parenti, agli
                  amici, rappresentavano l’impronta del tradimento di valori ideali tramandati.
                  Infatti, giunti nel campo di concentramento, i superstiti del 214˚reggimento fu-
                  rono accolti dal generale Angelo Farisoglio con un umiliante: ecco gli ufficiali
                  che non si sono battuti. Per Sironi dunque I vinti di Caporetto non erano gli
                  sconfitti, ma erano proprio loro, i militari catturati dal nemico.

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                  25 OttObre.
                     È mezzanotte; e si fa il più cupo silenzio tutt’intorno. Vengono in linea il
                  Maggiore e il suo Aiutante.
                     Il silenzio opprimente, sinistro, dura quattro ore. I primi bagliori dell’alba...
                     Improvvisamente alle nostre spalle un ticchettio caratteristico: le mitraglia-
                  trici. Le vedette saltano dentro; il nemico ci spara alle spalle.
                     È chiaro: da quel budello centrale i nemici hanno irradiato, durante la notte,
                  lungo la cresta, le loro mitragliatrici, cercando passo passo di avvolgerci. Ma
                  noi abbiamo ancora una via d’uscita: la trincea nostra gira a destra sopra Passo
                  Zagradan e, svoltando, finisce in un camminamento, che porta sul rovescio di
                  M. Piatto. Mandiamo ad avvertire del pericolo; vengono in linea le poche mi-
                  tragliatrici disponibili; altre dal rovescio sotto la cresta inchiodano sul posto
                  quelle nemiche più pericolose; e l’aggiramento sembra arrestato.
                     Il nemico è in questa curiosa situazione: penetra come un cuneo nelle no-
                  stre linee e, irradiandosi al nostro tergo, minaccia la nostra prima linea. Ma,
                  alla sua volta, esso è dalle riserve del nostro Reggimento contenuto, fermato.
                     Uno sgranare furioso di mitragliatrici, dalla cresta, ci impedisce persino
                  di rimanere nei tratti di camminamento, che legano tra loro gli elementi di
                  trincea coperta. Tentiamo di volgerci coi fucili contro l’alto; dal basso altre
                  mitragliatrici ci tagliano in pieno.
                     Davanti a noi, dalle feritoie, non si vede nulla; ma, appena il nemico, invi-
                  sibile nei cespugli, si accorge che noi guardiamo o infiliamo il fucile, raffiche
                  di mitraglia colpiscono in pieno le feritoie da dieci, da venti metri al massimo.
                     E abbiamo in tutto una Sipe per ciascuno e senza accenditori, per giunta.
                     Tutto il da fare consiste nell’impedire il nostro accerchiamento...
                     Una buona notizia: alle sei la Brigata Firenze attaccherà M. Piatto; noi
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