Page 68 - I 100 anni dell'elmetto italiano 1915-2015 - Storia del copricapo nazionale da combattimento
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68 I 100 ANNI DELL’ELMETTO ITALIANO 1915 - 2015
I fregi dipinti
Sin dall’introduzione dei primi co-
pricapi metallici da trincea (Farina o
Adrian) un’incognita molto sentita – sia
per ragioni d’appartenenza che di ordi-
ne disciplinare – fu quella dell’assenza
di segni distintivi di reparto o di grado.
Questa mancanza creò notevoli proble-
mi di identificazione, inizialmente risolti
in modo artigianale a livello di reparto,
riproducendo le insegne del berretto di
panno sul copricapo metallico. Si è visto
del resto, nel paragrafo delle invenzioni,
il vano tentativo di applicare una coraz-
zatura metallica al berretto d’ordinan- Ufficiali e soldati con fregi dipinti in nero
za, così da preservare la visibilità del su varie tipologie di elmetti
fregio frontale. Per ovviare a questa ne-
cessità nel luglio del 1916 il Comando Supremo diramò una circolare che prescriveva:
«Sugli elmetti metallici sarà per cura dei corpi o reparti – non appena la situazione lo
consenta – dipinto un fregio identico a quello applicato sul berretto, adoperando vernice leggera
da potersi all’occorrenza cancellare facilmente con l’acqua ragia.
L’Intendenza Generale provvederà ai mezzi occorrenti, adottando e distribuendo campioni
tipi, unici per ogni arma». 116
La norma sembrava ben chiara, ma a voler essere sottili non lo era affatto, visto che di fregi
da berretto ne esistevano di diversa fattura e forma. A titolo generale la fanteria di linea aveva
sia il trofeo tradizionale con fucili incrociati, sia quello con solo numero di reparto e corona
reale. Di massima venne accolto quest’ultimo, visto che era quello destinato all’uniforme di
combattimento. Tuttavia, la considerazione maliziosa non è peregrina, se per mesi si ebbe una
certa libertà interpretativa ad ogni livello gerarchico e organico. Del resto le eccezioni, le tra-
sgressioni e lo spirito di distinguersi a tutti i costi ebbero spesso l’impunito sopravvento!
Rispetto a quanto disposto, per ragioni di prestigio istituzionale, per i primi quattro reggi-
menti di cavalleria (Nizza, Piemonte Reale, Savoia e Genova) venne disposta la pittura della
croce di Savoia, come già presente sugli elmi tradizionali. Da alcune fotografie si evince invece
che diversi reparti di cavalleggeri avessero la tipica cornetta in rilievo. A spiegazione si questa
stranezza si potrebbe anche ipotizzare, per ragioni di prestigio, l’effettivo uso di modelli Adrian
15 con un fregio a cornetta, tipico di alcune specialità dell’Armée, come per esempio gli
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chasseurs o la fanteria leggera d’Africa. Senza particolari informazioni normative, si registra
l’utilizzo presso i reparti mitraglieri l’abitudine di apporre al posto del fregio regolamentare
le scritte FIAT e ST.ETIENNE, in relazione al tipo d’arma impiegato dal reparto. I mitraglieri
alpini infine, gelosi del proprio simbolo tradizionale, aggiunsero a questo una mitragliatrice sti-
lizzata, sormontata dal numero progressivo di reparto. Infine la Croce Rossa appose il tradizio-
116 Circolare 12720 di Tagliaferri del 15/7/1916 (Comando Supremo. Riparto operazioni. Ufficio Affari Vari e
Segreteria).
117 A. Viotti, Uniformi e distintivi dell’Esercito italiano fra le due guerre 1918-1935, op. cit., tomo I, p. 16.

